Universi pre-verbali

1) In principio era il Verbo

Figuratevi il neonato, che pensa, ma non possiede la parola. L’intelligenza non è mai stata così viva come nel primo anno di vita. In quel lasso di tempo il cervello può apprendere qualsiasi lingua, qualsiasi idioma, dal giapponese all’ugro-finnico, al bantù. Un bambino può imparare senza sforzo più di una lingua!
Il cervello è come una spugna, ma non passivo, lavora incessantemente per connettere, relazionare, apprendere, ed in questo è evidente la presenza di una “ funzione correlatrice ”, di categorie “ a priori ”, che precedono necessariamente ed anzi rendono possibile l’esperienza. Si può dire che non siamo mai stati così intelligenti come nei primi mesi-anni.

Le sinapsi fra le cellule nervose sono numerosissime, i circuiti potenziali quasi illimitati. Solo col tempo, con l’esperienza, certi percorsi si rafforzano; si scavano dei profondi solchi, come un sentiero che a forza di essere usato a poco a poco definisce il suo percorso. E pensando, crescendo, maturando, infinite vie e svolte vengono chiuse, e perse per sempre.
Com’è pensare senza esprimere il pensiero ? Un pensare muto, per immagini. Un mistero originario, eppure profondissimo. Pensare ma non possedere la parola ! Come si fa ? Com’è possibile ? Come posso “ avere un pensiero ” se questo non mi appare, non si esprime in costrutti semantici, in soggetto, predicato, verbo, complemento oggetto ?
Se esiste il pensiero al di fuori, e prima della parola, allora questa non è necessaria per caratterizzarlo, per coglierne l’essenza. Intelligenza pura, animale, che relaziona le cose e si relaziona rispetto ad esse spontaneamente, senza dubbi, senza richiesta di verità, di auto-certificazione.
Non riesco a figurarmi il pensiero sciolto dalla parola, il pensiero del neonato. Con la parola ho perso quello che c’era prima. Il linguaggio è uno hiatus fondamentale, e deve essere scaturito, necessariamente, per mettersi in contatto con altri individui. Il linguaggio, lapalissianamente, non sarebbe necessario ad una persona che vivesse su un’isola deserta. Come si è formato allora ? Per l’interazione di più (almeno due) soggetti pensanti. All’inizio qualche urlo... per comunicare minaccia o paura. Poi qualche fonema per indicare oggetti. Ecco, la parola per eccellenza che simbolizza l’oggetto. “ Mamma ”... la prima parola del bambino. C’è coscienza dell’altro e quindi di sè, sebbene ancora confusa.
Pensate al bambino nei primi anni. Qualsiasi conquista scientifica gli appare logica, plausibile, acquisita ! C'è la televisione, il bambino la guarda. C'è l'automobile, il bambino ci sale su e non si domanda come mai si muova da sola o quale forza demoniaca faccia girare le ruote. Un " carro " che si muove senza cavalli !
Leonardo farebbe un salto, strabuzzerebbe gli occhi, balbetterebbe parole senza senso davanti allo spettacolo di uno shuttle che decolla da Houston; il bambino, annoiato, clicca su telecomando e cerca il programma preferito di cartoni.
Al cervello umano quasi tutto è permesso, qualsiasi ipotesi sull'universo, l'atomo, i quark, il big bang. Qualsiasi bambino in pochi anni si mette " al pari " con lo stato delle conoscenze, anche se ovviamente non le " possiede " realmente.
Anzi, a questo proposito c'è il rovescio della medaglia, grande come una casa ! Se porto un televisore, un computer ad aggiustare, devo fidarmi sulla parola ! Cosa vuoi che sappia di tubo catodico (antiquato ormai !), o di scheda madre ? E se lo so, vuol dire che mi interessa la materia, o che lavoro nel settore, ma allora probabilmente non saprò nulla di come funziona, per esempio, un microscopio, o un frigorifero, o quello che vi pare.
Ritornando alla " filosofia ", alla gnoseologia, " cogito, ergo sum "... " l'essere è, il non essere non è "... bisogna scavare più a fondo, ritornare indietro, retrodatare le lancette al big bang della nostra coscienza : il pensiero muto, antecedente la parola. Lì è la chiave del mistero.

2) Chi la muove ?

Immaginatevi di essere tornati bambini, parlo dei primissimi mesi...
Non sapete parlare; il mondo continua a balenarvi davanti : suoni, forme, odori, sapori. Fame, sete, freddo, caldo, umido, asciutto.
Iniziate vagamente a riconoscere il volto materno, e ad associarlo con la soddisfazione dei desideri: il latte, il caldo, la sicurezza del suo abbraccio, il tono della sua voce. Incessantemente vi impratichite, senza saperlo, nel controllo dei muscoli oculari, per volgere lo sguardo verso la fonte di ogni suono. Ma tutto è sfuocato e sfugge inesorabilmente : la testa ciondola; fino a chè non imparate a controllare anche i muscoli del collo.
Poi, non sapete neanche perchè, nè come, un bel giorno muovete la mano per afferrare un oggetto e, dopo qualche goffo tentativo... ci riuscite ! Lo portate alla bocca. E ripetete il gesto centinaia di volte, fino a chè, ad un tratto, non vi soffermate a fissare, incantati, la vostra mano; e ovviamente portate anche questa alla bocca. Sembra un oggetto come tanti altri, ma mentre stringete la mandibola, le gengive percepiscono la carne morbida, e cosa strabiliante, le vostre dita percepiscono qualcosa di umido. Sentite la mano e la mano vi sente... la ritirate fuori, e la osservate con attenzione, a lungo, quasi sospettosi... CHI la muove ?

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