Ai posteri l'ardua sentenza

Ma in fondo, perché scrivo su questo blog ? E’ una sorta di testamento spirituale, è la paura della morte. L’angoscia della morte… da giovane neanche ci pensi, ma ad una certa età, ci pensi almeno una volta al giorno. Mi sono chiesto sempre quanto durano questi blog. In rete ho trovato riposte stupide, tipo :

“Qual è la durata media della vita di un articolo che pubblico sul mio blog? Quanto posso “promuovere” un pezzo prima che diventi vecchio?”

 

“Se non hai rinnovato l'abbonamento per il servizio di hosting e ti risulta il sito cancellato, ecco cosa puoi fare per provare a salvarlo.”

 

Non voglio promuovere il blog ! Non mi preoccupo se ricevo una visita dopo quattro anni. Voglio sapere quando qualcuno (l’hosting ?) decide di cancellare un blog: erased, finito, stop.

E nei cimiteri ? Le lapidi, le croci, quanto durano ? Se tutti i parenti del defunto sono a loro volta morti, chi si preoccuperà della manutenzione delle tombe ? Domande tipiche di uno che avanza con l’età… forse uno psichiatra intravede qualche sintomo di depressione, in queste domande angosciate.
Internet come tomba che corre nell’etere… come lascito imperituro (?) ai posteri. “Polvere eri e polvere ritornerai”. Ecco… non vorrei ritornare proprio polvere, chissà se una ragazza, nel 2345, leggendo un mio post, sorriderà.

“Sempre caro mi fu quest’ermo colle”, “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, un quadro di Rembrandt, una statua di Michelangelo, “E = mc2”.

Un piccolo, infinitesimo post, che appare quando fai una ricerca su Google… mi basterebbe.

O' Rey

Riguardo l'annoso dibattito Pelé vs Maradona, voglio postare una serie di video che dimostrano, senza ombra di dubbio, l'assoluta superiorità di Pelè.

Il fesso e l'intelligente


"Anche un fesso può dire una cosa intelligente, ma solo la persona intelligente si accorge quando dice una fesseria."

E' mia, a meno che non abbia letto da qualche parte qualcosa di simile, e l'abbia elaborata nel subconscio. Ad una certa età, la scelta delle "prime visioni" si allarga, è uno dei pochi vantaggi.

La Realtà e la Vita.

Vi sarà capitato ("Sarà capitato anche a voi"... era una canzone) certamente.
Cosa ? Non di avere una musica in testa (sì anche quello, ma lasciatemi continuare), ma di riflettere.
Riflettere... quando pensiamo, profondamente, stiamo riflettendo. Lo specchio riflette la luce, ma noi cosa riflettiamo ? La Realtà.
Noi cogliamo la Realtà proprio in quell'attimo in cui, inconsapevolmente, ci comportiamo come uno specchio.
Per cogliere la Realtà, bisogna essere passivi, come una spugna. Dobbiamo esternarci da noi stessi, soprapensiero, vivi, ma assenti razionalmente; eppure vigili.
Dobbiamo lasciar correre i sensi : la luce che illumina quel cancello, e , dopo un po', l'ombra che si sposta lentamente, col passare dei minuti.
Osservare senza sovraimposizioni concettuali, il pensiero non deve avere uno scopo, un fine. Eppure sappiamo di essere lì (o qui), altrimenti stiamo solo sognando.
E' difficile, perchè siamo coscienti, ma perdiamo la coscienza di noi stessi.
E' uno stato magico, un nirvana, che può durare solo qualche minuto. Alla fine, con un sospiro, ci ridestiamo, e rientriamo nella Vita.

Ecco come Pessoa, magistralmente, descrive questo passaggio.

La Trinità della mente

Da giovane ho letto moltissimo Freud, rimanendo affascinato dalla sua prosa lucida e fluente, e dai suoi concetti profondi e semplicemente geniali.
Non ho più seguito gli sviluppi della psicanalisi, i vari detrattori, le nuove correnti etc. etc., ma un "nucleo" di verità ci dev'essere per forza, checchè ne pensiate della Psicanalisi, e di Freud in particolare.

Mi rifaccio a questo ottimo e breve compendio : "Es, Io e Superio" .

La sfiga

Molti si lamentano che quando cade una fetta di pane con la marmellata, cade sempre dalla parte della marmellata.
No c'entra la sfiga, è solo che la parte con la marmellata pesa di più, e quindi è più probabile che cada "a faccia in giù".

Da Pessoa ne " Il libro dell'inquitudine"

" Tutto mi è divenuto insopportabile, tranne la vita. L’ufficio, la casa, le strade – persino il contrario, se esistesse – mi opprimono e mi soffocano; solamente la vista dell’insieme mi dà sollievo. Proprio così, qualcosa del tutto, questo basta a consolarmi. Un raggio di sole che eternamente entri nell’ufficio morto; il richiamo gridato di uno strillone che sale veloce alla finestra della mia camera; l’esistenza della gente; l’avere il clima e che il tempo cambi, la meravigliosa oggettività del mondo…
D’improvviso è entrato un raggio di sole diretto verso me, che ho visto di colpo… Si trattava, però, di una striscia di luce molto acuta, quasi incolore che tagliava come nuda lama l’impiantito nero di legno, ravvivando, intorno a dove passava, i chiodi vecchi e le fughe fra le tavole, nere linee di un pentagramma non più bianco.
Per alcuni minuti ho seguito l’effetto imponderabile del penetrare del sole nell’ufficio tranquillo… Passatempi da galera! Soltanto chi vive relegato guarda il sole spostarsi così, come chi osserva delle formiche."

Mi è capitato di osservare un raggio di luce.
Di solito la luce è diffusa, piena o solo lattiginosa, ma a volte è un unico, singolo raggio: un laser azzurrino che non ti aspettavi e che ti prende alla sprovvista. E si notano le particelle di polvere, che vorticosamente gli danzano intorno, come moto browniano di insulsa allegria.
Esiste la polvere, e non ce ne accorgiamo; solo il tempo, a poco a poco la deposita inesorabile, o appunto quel singolo raggio, come il flash di una festa in maschera.
Le cose più semplici vivono, ed invecchiano, attorno a noi, inconsapevoli.
Altre volte, invece, sono rimasto immobile, ad osservare l'ombra.
Per esempio quella netta, perfettamente lineare, del profilo di una casa. Si sposta, impercettibilmente, e dopo anche solo un minuto, qualcosa, un sasso che era alla luce, adesso è coperto dall'ombra. Una clessidra fatta di granelli di luce ed ombra.
Confesso di aver osservato a lungo il brulicare frenetico delle formiche, con un sorriso consapevole di poterle schiacciare a mio piacimento, passatempo da Dio fallito...

Deliri

C'è chi crede, ne è convinto, che gli americani non siano mai sbarcati sulla luna.
C'è chi è oscuramente certo che le torri gemelle siano state sabotate dagli americani.
C'è chi intravvede, nelle strie di condensazione degli aerei, sordidi complotti della Nato: strie chimiche studiate per avvelenarci.
C'è chi aborrisce i vaccini, chiari interessi delle case farmaceutiche, e salva i propri figli non facendoli vaccinare.
C'è chi ha scoperto che il mondo è guidato dalla massoneria, dalle banche, dagli ebrei, dalle multinazionali.
C'è chi rifiuta una trasfusione di sangue.
C'è chi...

Leggo da Pessoa ne " Il libro dell'inquietudine "

"Avendo visto con quale lucidità e coerenza logica certi pazzi giustificano a se stessi e agli altri, le loro idee deliranti, ho perduto per sempre la sicura certezza della lucidità della mia lucidità."

Che abbiano ragione loro ? Forse sì...

Pinzillacchere


Vabbè... dopo il "piccolo" sfogo del post precedente, e dopo un lungo silenzio, riprendo a scrivere qualcosa.
A dire il vero i post sono un po' pallosi, sembrano volti a dimostrare quanto sono intelligente, colto, profondo.

Proviamo con argomenti più frivoli: calcio ? Sono decenni che non lo seguo più. Le squadre sono diventate irriconoscibili, piene di stranieri dai nomi assurdi, di gente tatuata con pettinature impossibili. Il mio interesse si risveglia ogni quattro anni, in concomitanza coi mondiali; ma adesso sapete tutti com'è andata, quindi se ne riparlerà nel 2022, sempre se ci qualificheremo.

Sesso ? Più che parlarne l'importante è farlo. Parafrasando Forrest Gump : " Felice è chi felicemente il sesso fa ".

Politica ? Lassamo perde' ... altrimenti il mister Hyde che è in me si paleserà con effetti dirompenti.

L'argomento preferito dagli inglesi, il tempo ? E' l'ideale per conversare con una persona senza dire nulla, quindi perchè scriverne ?

Beh, allora di che parliamo, anzi di che scrivo ? " Se non hai nulla da sclivele non sclivele" , disse il saggio cinese, o era " Pelchè ti ostini a lompele i coglioni ? ".

P.S. La frase finale è una domanda che mi pongo, però la frase è essa stessa una domanda; alla fine ci vorrebbe quindi un punto interrogativo doppio, o al quadrato...


Il lamento per Ignazio

Confesso con una punta di amarezza che sono un po' deluso: 163 post ed un paio di commenti...
Vedo in giro dei blog penosi con decine di commenti ad ogni post. D'accordo, si scrive per sè, e non per un facile consenso, ma qualche piccola gratificazione ogni tanto ci vuole.
Serenamente, e senza alcun astio recondito, e per rimandare al titolo del post, mi limito ad un garbato e sommesso ANDATE TUTTI A FARE IN CULO !

Il tempo da Sant'Agostino ad Einstein, fino alla sintesi poetica di Pessoa

Sentite che profonde riflessioni faceva Sant'Agostino sul tempo.

" Cos'è il tempo? Chi saprebbe spiegarlo in forma piana e breve? Chi saprebbe formarsene anche solo il concetto nella mente, per poi esprimerlo a parole? Eppure, quale parola più familiare e nota del tempo ritorna nelle nostre conversazioni? Quando siamo noi a parlarne, certo intendiamo, e intendiamo anche quando ne udiamo altri parlare. Cos'è dunque il tempo? Se nessun m'interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi m'interroga, non lo so. Questo però posso dire con fiducia di sapere: senza nulla che passi, non esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga, non esisterebbe un tempo futuro; senza nulla che esista, non esisterebbe un tempo presente. Due, dunque, di questi tempi, il passato e il futuro, come esistono dal momento che il primo non è più, il secondo non è ancora? E quanto al presente, se fosse sempre presente, senza tradursi in passato, non sarebbe più tempo, ma eternità. Se dunque il presente, per essere tempo, deve tradursi in passato, come possiamo dire anche di lui che esiste, se la ragione per cui esiste è che non esisterà? Quindi non possiamo parlare con verità di esistenza del tempo, se non in quanto tende a non esistere."

Questo brano è solo una piccola parte delle considerazioni di "Cosa è il tempo". Cito brevemente un altro brano da " Il tempo è misurazione " :

" Ma quest'unica ora si svolge essa stessa attraverso fugaci particelle: quanto ne volò via, è passato; quanto le resta, futuro. Solo se si concepisce un periodo di tempo che non sia più possibile suddividere in parti anche minutissime di momenti, lo si può dire presente. Ma esso trapassa così furtivamente dal futuro al passato, che non ha una pur minima durata. Qualunque durata avesse, diventerebbe divisibile in passato e futuro; ma il presente non ha nessuna estensione."

Questo enigma millenario. La confidenza col momento che passa l'abbiamo tutti, e sappiamo anche che è relativo, da prima che ce lo spiegasse Einstein. Cinque minuti possono sembrare un'eternità, come anche niente, a seconda della situazione che stiamo vivendo.
Ovviamente la Teoria della Relatività è enormemente complessa, anche se delle sue conseguenze possono essere espresse con parole semplici : il tempo dipende, muta, con la velocità alla quale ci muoviamo ! Non "psicologicamente", cambia proprio in modo sostanziale, concreto. Se un nostro gemello potesse viaggiare alla velocità della luce per qualche minuto, al suo ritorno noi saremmo invecchiati di cento anni ! Eppure avevamo la stessa età, eppure per ciascuno di noi il tempo è passato "normalmente", l'orologio al polso ticchettava allegramente (se non era un orologio digitale).
Alla fine rimane sempre l'impressione di non averlo afferrato, il tempo, perchè l'attimo trascorso che si trasforma nell'adesso, e che non è ancora il dopo, sembra una trimurti indiana, ed il dire che il tempo non esiste, che siamo in un eterno presente, ci lascia semplicemente insoddisfatti.
Ecco come un poeta riesce a cogliere il "tutto".

Pessoa da "Il libro dell'inquietudine"

" Non so cosa sia il tempo. Non so qual è la sua vera misura, se ne ha una. Quella dell’orologio so che è falsa: divide il tempo spazialmente, dal di fuori. Quella delle emozioni so ugualmente che è falsa: divide, non il tempo, ma la sensazione di esso. Quella dei sogni è errata; in questi consumiamo il tempo, una volta in modo prolungato, un’altra volta affrettatamente, e ciò che viviamo è rapido o lento a seconda dello scorrere di qualche cosa di cui ignoro la natura.
Ritengo, a volte, che sia tutto falso, e che il tempo non sia che una cornice dove inserire ciò che gli è estraneo. Nel ricordo che ho della mia vita passata, i tempi sono disposti su livelli e piani assurdi, allorché in un certo episodio dei miei magnifici quindici anni io sono più giovane che in un altro episodio dell’infanzia quando stavo seduto fra giocattoli.
Mi si aggroviglia la coscienza se penso a queste cose. Ho la sensazione di un errore in tutto questo; non so, però, dove esso sia. È come se assistessi a una sorta di prestidigitazione, dove, in quanto tale, mi sapessi ingannato, senza capire quale sia la tecnica, o la meccanica, dell’inganno.
Mi vengono, allora, dei pensieri assurdi, che tuttavia non riesco a respingere come del tutto assurdi. Mi chiedo se un uomo – che medita con calma in un’automobile che procede veloce – stia andando in fretta o lentamente. Mi chiedo se saranno dello stesso tipo le identiche velocità con cui cadono in mare il suicida e colui che ha perduto l’equilibrio sulla terrazza. Mi chiedo se sono davvero sincronici i movimenti, che occupano lo stesso tempo, in cui fumo una sigaretta, scrivo queste righe e penso oscuramente.
Di due ruote sullo stesso asse possiamo pensare che ce ne sia sempre una che starà più avanti, seppure di qualche frazione di millimetro. Un microscopio amplierebbe a dismisura questo sfasamento fino a renderlo incredibile, impossibile se non fosse reale. E perché non deve avere ragione il microscopio sulla cattiva vista? Sono considerazioni inutili? Lo so bene. Sono illusioni della riflessione? Lo concedo. Ma che cosa è questa che ci misura senza misura e ci uccide senza essere? Ed è in questi momenti, in cui non so neppure se il tempo esiste, che lo sento come una persona e ho voglia di dormire. "

C’è sempre quello che c’è, e mai quello che dovrebbe esserci

" Vorrei, vorrei… Ma c’è sempre il sole quando il sole splende e la notte quando la notte scende. C’è sempre la ferita quando la ferita fa male e il sogno quando il sogno ci culla. C’è sempre quello che c’è, e mai quello che dovrebbe esserci, non perché fosse meglio o peggio, ma perché fosse diverso. C’è sempre… " (Pessoa, Il libro dell'inquietudine)

Ancora lui, il solito Pessoa, ormai dovrei dire il "mio" Pessoa. Non c'è riga di quel libro che non mi piaccia, non c'è immagine poetica che non senta in qualche modo mia, non c'è riflessione filosofica che non apra panorami forse già esplorati, ma condensati in modo impeccabile e visti da angolature nuove.
" C’è sempre quello che c’è, e mai quello che dovrebbe esserci...[]" 
Frase apparentemente banale, lapalissiana, ma che apre squarci filosofici immensi. Cos'è il determinismo ? Cos'è il principio di indeterminazione ? Einstein contro i quanti ?
Se una palla scorre sul morbido panno verde e ne colpisce un'altra, e questa un'altra ancora, queste traiettorie "avrebbero potuto" essere diverse ? Posso calcolarle in anticipo conoscendo "tutti" i fattori ? O rimane un grammo di incertezza, quel quid capriccioso ed indeterministico che rende il calcolo impossibile ?
Se arrivo ad un semaforo e quando scatta il giallo decido di fermarmi , avrei "veramente" potuto scegliere altrimenti ? Come sarebbe stata la mia vita se fossi passato ? A parte facili battute, tipo che avrei potuto stirare la vecchina che attraversava, esiste veramente il libero arbitrio ? O dato che ero un po' triste, e lo stomaco mi faceva male per l'iperacidità gastrica, e la giornata era uggiosa, ho deciso, perchè inevitabile, di fermarmi ? Se fossi passato, vecchietta permettendo, adesso sarei 3-400 metri più in là, la mia vita sarebbe stata completamente diversa, sarei nel mondo del futuro, dell'impossibile, del mai nato, del non accaduto.
C'è una penna sulla scrivania, decido di prenderla in mano... anzi no... o forse sì... no ! Perchè ho deciso di no ? Perchè mi andava... si ma perchè "alla fine" ho deciso di no ? La moneta che lancio in aria compirà un certo numero di rotazioni, cadrà con una certa angolazione, rimbalzerà esattamente due volte, anzi tre perchè incontrerà un sassolino sulla strada, croce. Avrebbe potuto essere testa ? Certo... ma perchè proprio "questa" volta è venuto croce ?
Sapete che è quasi impossibile creare un algoritmo che generi numeri assolutamente casuali ? Non ci resta che prendere sequenze dei decimali del pi greco. Il caso non è di questo mondo, alla faccia della statistica e del suo squallido 50%.
C'è un motivo, deterministico, per cui tutto quello che accade accade e non "non accade". Non esistono centinaia di vite parallele, di universi possibili, che scorrono accanto a noi, ignari. O almeno... questo è quello che vediamo, quello che, almeno a me (e ad altri incalliti deterministi), pare. Ma , onestamente, sfido chiunque ad "accorgersi" che il suo tempo dipende dalla velocità con cui si muove, così come all'astronomo medioevale pareva ovvio che la terra fosse immobile ed il sole le girasse attorno. L'ultima parola non è detta, ovviamente, ed ancora una volta rimango affascinato dal poeta-filosofo :

" C’è sempre quello che c’è, e mai quello che dovrebbe esserci...[]" 

Zenone aveva torto

Ogni tanto mi diletto a leggere libri di fisica, quest'ultimo mi è stato regalato da un amico. "La realtà non è come ci appare" di Carlo Rovelli.
Inizio grandioso, partendo dalla filosofia, da Mileto. Lettura scorrevole e piacevole. La relatività ed i suoi affascinanti paradossi. Poi, inevitabilmente, quando quella bestia della quantistica si fa avanti, le cose si complicano. Perfino Einstein la detestava, anche se non è mai riuscito a distruggerla, come in cuor suo desiderava.

Una cosa mi ha colpito, cito :
"La predizione centrale della teoria dei loop è proprio che lo spazio non sia un continuo, non sia indivisibile all'infinito, ma sia formato da "atomi di spazio". Piccolissimi: un miliardo di miliardi di volte più piccoli del più piccolo dei nuclei atomici.".... "In particolare, il volume (per esempio il volume di un cubetto) non può essere arbitrariamente piccolo. Esiste un volumetto minimo. Non esiste spazio più piccolo di questo volumetto minimo. Esiste un "quanto" minimo di volume. Un atomo elementare di spazio ".

Poi l'autore mi precede nel paradosso di Zenone di Achille e la tartaruga e così si spiega come "effettivamente" l'eroe greco possa raggiungere la lenta bestiolina.
Però fermiamoci a riflettere... già si sapeva che la stragrande maggioranza della materia è "vuota"; se potessimo eliminare lo spazio che c'è, fra il nucleo di un atomo, ed i suoi elettroni, la Terra si ridurrebbe alla grandezza di un'arancia ! Mentre tocco questa scrivania, in realtà sfioro un vero e proprio colabrodo, e la mia mano "galleggia" con gli elettroni degli atomi più superficiali della pelle che vengono respinti da quelli del legno...
La corsa al più piccolo non è mai finita, arrivati all'atomo lo hanno messo sotto la lente d'ingrandimento ed è comparso il nucleo: protoni e neutroni. Hanno rotto il nucleo e creato la bomba atomica. Sono saltate fuori decine di particelle, quark, muoni, bosoni, nomi improponibili in una babele di palline piccolissime quasi senza materia, che sfrecciano a velocità prossime a quelle della luce. E altre ne verranno, ma ci sarà un limite, uno stop invalicabile : quel piccolissimo cubetto elementare di spazio oltre il quale non sarà possibile andare.

L'infinito è scomparso, l'infinitamente piccolo. La mente umana da sempre ha vacillato contemplando l'idea dell'infinito ed ora, finalmente, sappiamo che esiste un mondo fatto di mattoncini lego "primordiali", ultimi. Il finito si è riappropriato dell'universo e paradossalmente il tutto è più a misura d'uomo. "L'uomo è misura di tutte le cose" diceva Protagora.
Vado a dormire più soddisfatto, con quel cubetto sotto al cuscino...

La casa di campagna dagli alti muri


Vedersi dal di fuori, lo specchio, la propria voce. Tematiche che ho affrontato in questo POST .
Pessoa le riprende con un lampo geniale e le condensa in poche righe. Da notare anche che parla di memoria involontaria, un termine che usava anche Proust ma in senso diverso (vedi QUI e l'etichetta a destra " memoria involontaria "). 


" Per questo, a volte mi perdo in un’immaginazione futile su che tipo di persona sono per gli altri che mi vedono, come è la mia voce, che tipo di figura lascio impressa nella memoria involontaria degli altri, in che modo i miei gesti, le mie parole, la mia vita apparente, si fissano sulla retina dell’interpretazione altrui. Non sono mai riuscito a vedermi dal di fuori. Non c’è specchio che ci rimandi a noi come persone viste dal di fuori, perché non c’è specchio che ci tiri fuori da noi stessi. Sarebbe stata necessaria un’altra anima, un altro punto di vista e un altro modo di pensare. Se fossi un attore di lungo corso di cinema, o registrassi in dischi nitidamente udibili la mia voce chiara, sono certo che sarei ugualmente lungi dal conoscere ciò che io sono dall’altro lato, poiché, lo si voglia o no, qualsiasi cosa si possa registrare di me, io rimango sempre qui dentro, nella casa di campagna dagli alti muri della mia coscienza di me. "

Personalità multipla

Pessoa ed il gioco degli specchi, degli eteronimi, della personalità multipla. Al di là della creazione artistica, si intravede un'incrinatura patologica, schizofrenica, che lo porterà a farsi ricoverare due volte per crisi depressive.
Da " Il libro dell'inquietudine " .

" Ho creato in me varie personalità. Creo costantemente delle personalità. Ogni mio sogno, subito dopo esser apparso come sogno, si incarna in un’altra persona, che a sua volta lo sogna, non io.
Per creare, mi sono distrutto a forza di esteriorizzarmi dentro di me, perché dentro di me esisto solo esteriormente. Sono la scena dove passano vari attori che recitano drammi diversi. "


L'occhio insonne che attraversa l'infinito

Ancora una notte insonne, una delle tante, di Pessoa. Questo stato di sofferenza, gemello notturno della nausea di vivere diurna, permette all'autore di distillare pensieri sottili come piume. Il gocciolare di una stalattite scolpita nella roccia del tempo.

" Dopo che il tramonto degli astri è sbiancato fino a svanire nel cielo mattutino e la brezza si è fatta meno fredda nel giallo appena tinto di arancio della luce sopra le scarse nuvole basse, io che non avevo dormito, alla fine ho potuto sollevare lentamente il corpo esausto di niente dal letto dove avevo pensato l’universo.
Sono andato alla finestra con gli occhi che mi ardevano per non averli chiusi. Sui tetti fitti la luce formava differenze di giallo pallido. Sono rimasto a contemplare il tutto con la grande stupidità dell’insonnia. Nelle sagome elevate delle case alte il giallo era aereo e nullo. In fondo ad occidente, verso cui io ero rivolto, l’orizzonte già era di un bianco verdolino.
So che la giornata per me sarà pesante come il non capire niente. So che tutto quello che farò oggi parteciperà, non della spossatezza per non aver preso sonno, ma dell’insonnia che ho avuto. So che vivrò un sonnambulismo più accentuato, più epidermico, non solo perché non ho dormito, ma perché non ho potuto dormire.
Ci sono giorni che sono filosofie, che ci insinuano interpretazioni della vita, come note a margine, dense di acuta critica, nel libro del nostro destino universale. Sento che questo è uno di quei giorni. Per assurdo, mi sembra che sia proprio con i miei occhi pesanti e il mio cervello annullato che, con un’assurda matita, vengono scritte le lettere del commento inutile e profondo. "

Il vento in una conchiglia notturna

Avete mai sentito nel sonno, o nel dormiveglia, un rumore fortissimo, come un tuono, od uno scoppio improvviso, e vi siete svegliati di soprassalto, per constatare con meraviglia che si era trattato di un rumore banale ? Forse lo scricchiolio di un mobile, o un indumento che era caduto dalla sedia, o una imposta che sbatteva, piano.
Il sonno, anzi il sogno, a volte amplifica a dismisura certe sensazioni; altre volte invece le attenua, come quando si sogna di avere sete o di andare al bagno. In questi ultimi casi, il sogno ha la funzione di proteggere il più a lungo possibile il sonno, intuizione da cui è partita la geniale analisi di Freud.
In queste magistrali righe Pessoa, con la sua arte sublime, dipinge questi momenti magici, sospesi tra sogno e realtà.

" All’inizio è un rumore che produce un altro rumore nella notturna cavità delle cose. Poi è un ululato vago, accompagnato dal cigolante oscillare delle insegne della via. Poi, ancora, all’improvviso arriva in tono alto la voce ruggente dello spazio ed è tutto un tremore, e non oscilla, e si fa il silenzio nella paura di tutto come una paura sorda che vede un’altra paura dopo che è passata.
Poi non c’è più niente, solo il vento, solo il vento, e mi accorgo nel sonno che le imposte fissate vibrano e dalle finestre esce il rumore di vetro che resiste.
Non dormo. Intrasono. Ho tracce nella coscienza. In me il sonno pesa senza che la coscienza pesi… Non sono. Il vento… Mi sveglio e mi riaddormento e non ho ancora dormito. C’è un paesaggio dal rumore alto e torvo oltre al quale non mi riconosco. Assaporo, prudentemente, la possibilità di dormire. In effetti dormo, ma non so se dormo. In quello che crediamo che sia sonno, c’è sempre un rumore di quando finisce tutto, il vento nell’oscurità e, se ascolto ancora, il rumore dei miei polmoni e del mio cuore. "

La memoria involontaria secondo Pessoa

In due post precedenti ho illustrato il concetto di " memoria involontaria " secondo Proust (cerca a destra tra le etichette : Memoria involontaria). Si tratta della famosa madeleine, da cui parte la Recherche, e della potenza dei ricordi evocati da una sensazione gustativa od olfattiva. La madeleine evoca gusti perduti, in questa pagina Pessoa ritrova profumi antichi. 

" L’olfatto è una vista strana. Evoca paesaggi sentimentali, attraverso il disegno improvviso del subconscio. L’ho sentito molte volte. Passo per una strada. Non vedo niente, o meglio, guardando tutto, vedo come vedono tutti. So che passo per una strada e non so che essa ha dei lati fatti di case diverse e costruite da persone umane. Passo per una strada. Da una panetteria esce un profumo di pane che per quanto è dolce dà la nausea: e la mia infanzia allora compare da un determinato quartiere distante, e un’altra panetteria mi appare da quel regno di fate che è tutto quello che ci è morto. Passo per una strada. Profuma improvvisamente di frutta disposta sul ripiano inclinato dell’angusta bottega; e la mia breve vita di campagna, non so più quando e dove, ha alberi alla fine e tranquillità nel mio cuore, indiscutibilmente bambino. Passo per una strada. Mi frastorna, senza che me lo aspetti, l’odore di cassette del falegname: oh, mio Cesário! Mi appari e io sono finalmente felice, perché sono tornato, con il ricordo, all’unica verità, che è la letteratura. "

Nube a mensola

Ieri sera, verso le 19.30 è iniziato il finimondo. Venti fortissimi ed una pioggia che non era pioggia, era una cascata, le cateratte bibliche, un mare che precipitava. Oggi leggo che sono caduti 50 mm di pioggia in un'ora (!) ed i venti arrivavano a 108 km/h.
Non credo di aver mai visto una cosa del genere: un tremore intenso di sottofondo, come un tuono prolungato, un urlo lontano, provocato dalla caduta dell'acqua. Mi sono precipitato a chiudere gli scuri ed in quei pochi secondi mi sono praticamente lavato.
In silenzio abbiamo atteso, la paura di sentire uno schianto, un albero abbattuto, un fulmine che colpisse la casa. Sono andato a controllare di sotto: se la pompa dell'acqua non avesse funzionato a dovere, si sarebbe allagato tutto. Un'ora di vigile attesa, come ritornare alla preistoria ed aspettare, dentro la caverna, che gli dei della pioggia si fossero calmati.

Danni ingentissimi ovviamente, ed una foto che documenta l'eccezionale fenomeno meteorologico (nube a mensola), scattata nella campagne attorno a Padova.
(Dalla rete) - La nube a mensola o shelf cloud ha un’altezza dal suolo molto bassa, è lunga ed a volte arcuata per via della spinta originata dal downdraft (correnti discendenti del temporale). La schelf cloud è attaccata alla base del temporale e la si trova spesso nelle supercelle. Infatti può essere chiamata anche con il termine "disco supercellulare" se essa si forma alla base di una supercella. Si presenta sulla parte avanzante (quindi sarà la prima parte che vedremo) di un temporale sufficientemente intenso. La shelf cloud precede di pochissimo i rovesci di pioggia e grandine. Eventuali strie orizzontali (evidentissime nella foto), sono indice di particolare violenza del fenomeno.



L'asociale

Asocialità, isolamento, un muro di gomma che isola dal contatto con l'esterno.

L’isolamento mi ha conformato a sua immagine e somiglianza. La presenza di un’altra persona – di un’unica persona – mi fa immediatamente rallentare il pensiero; così, se nell’uomo normale il contatto con l’altro è una sollecitazione all’espressione e alla parola, in me tale contatto è un contro-stimolo, concesso che tale parola composta sia possibile dal punto di vista linguistico. Sono capace, da solo con me stesso, di inventare quanti motti di spirito, risposte pronte a cose mai dette, folgorazioni di una socialità intelligente con alcuna persona; ma tutto questo svanisce se mi trovo di fronte ad un altro in carne ed ossa, perdo l’intelligenza, rinuncio alla possibilità di esprimermi e, dopo qualche quarto d’ora, sono solo preso dal sonno. Sì, parlare con le persone mi fa venire voglia di dormire. Solo i miei amici spettrali e immaginati, solo le mie conversazioni che si svolgono in sogno, hanno una vera realtà e un giusto rilievo, e con loro il mio spirito è presente come una immagine allo specchio.
Del resto, mi pesa solo l’idea di essere costretto a stare in contatto con qualcun altro. Un semplice invito a cena con un amico mi provoca un’angoscia difficile da definire. L’idea di un qualsivoglia obbligo sociale – andare ad un funerale, trattare insieme a qualcuno una questione d’ufficio, andare alla stazione ad attendere una persona qualsiasi, conosciuta o sconosciuta – solo l’idea mi sconvolge i pensieri per un’intera giornata, e a volte comincio a preoccuparmi il giorno prima, e dormo male, e il caso nella sua dimensione reale, quando si verifica, è assolutamente insignificante, e non giustifica nulla. Tuttavia, la cosa si ripete e io non imparo mai ad imparare.
«Le mie abitudini sono attinenti alla solitudine e non agli uomini»; non so se sia stato Rousseau o Senancour a dire questo. Ma certo è stato qualche spirito della mia specie – potrei forse dire della mia razza.