Atene estate 2012




Caldo secco
che toglie il respiro,
il frinire
ossessivo
delle cicale.
Dal pino nodoso
cola lentamente
la resina;
la corteccia, dura
la terra arida e rossastra.
Lo sguardo si perde,
assente,
sulla bianca distesa di case;
un soffio di vento
si alza dal Pireo
rompendo l’incanto.

L'oracolo


L'ho comprato a Lignano tempo fa, in una libreria che ha solo libri a metà prezzo, dove mi piace andare a curiosare. E' uno dei libri più famosi di divulgazione scientifica, dove il grande Stephen Hawking, con prosa affascinante, si sforza di far accedere anche il profano ai misteri dell'astrofisica : Big Bang, buchi neri, singolarità etc. etc.
Sono già a 3/4, è scritto a caratteri grandi, non affatica la vista. Steso sul letto, in queste notti di caldo africano, con l'aria condizionata che mi accarezza leggera, la palpebra a poco a poco scende inesorabilmente, mentre nel dormiveglia formule e galassie iniziano a mescolarsi.
Riesco a seguirlo, anche se non afferro tutto quello che scrive, ma non sono i particolari, i dettagli che importano, è il senso di religioso mistero che avvolge il cosmo, che trapela da queste pagine.
Milioni di uomini hanno guardato il cielo in una notte stellata , e quell' antica meraviglia la ritrovo, intatta , in queste righe.
E' come ascoltare un vecchio oracolo: non tutto viene disvelato. Il lettore deve metterci del suo, e la fantasia, o l'immaginazione, possono farci seguire il saggio, che a poco a poco si addentra in un lungo tunnel, in fondo al quale si intravedono lampi di luce, e si odono rumori tremendi, come scontro di titani...

Lo scorrere del tempo


C'è un punto preciso della risacca dove i tuoi piedi, stando fermi, scavano a poco a poco una buca. Non troppo avanti nell'acqua, e nemmeno dove l'onda si assottiglia troppo.
Devi stare esattamente in quel punto, e quando l'onda si ritira senti i granelli di sabbia che scorrono velocissimi sotto i tuoi piedi.
Quello è l'equilibrio, la giusta via di mezzo, la sezione aurea del tempo, l'attimo che divide il prima dal dopo...

Computer ed autocoscienza



Il matematico/fisico Roger Penrose ha più volte puntualizzato la differenza fra la mente umana ed il computer. Mentre quest'ultimo può solamente " computare " , cioè eseguire degli algoritmi, sebbene a velocità spaventosa, la mente dell'uomo, oltre a saper fare questo, è capace di " vedere" o " sentire " la risposta giusta.
Solo il pc si arena in un loop interminabile, quando viene posto di fronte alla semplice domanda se esista un numero dispari che sia la somma di due numeri pari ; l'uomo risponde facilmente di no, anche se non riesce a dimostrarlo subito.
Del resto, tutta la matematica e la geometria non si basano su dei postulati indimostrabili ma assolutamente " certi " ? E senza questa accettazione, l'uomo non sarebbe mai progredito fino a poter costruire il velocissimo idiota di silicio che ha solo due opzioni : 1 o 0.
Si ripropone il vecchio dilemma della conoscenza a priori, l'intuizione che precede la deduzione; si sente il lavoro di ricerca di Socrate, le idee di Platone ed il conflitto con la tabula rasa aristotelica. C'è dentro anche Kant, e molti altri.

Tempo fa mi interessavo al trading, e nell'intento di " scoprire " pattern che potessero predire il comportamento dei mercati, mi sono avvicinato ai sistemi che usavano le reti neurali, con complicatissimi algoritmi di back-propagation e di selezione genetica.
Non ci capivo molto, ma questa progressiva " correzione " aveva veramente il sapore dell'apprendimento, anche se dietro l'angolo c'era sempre il pericolo dell'over-fitting (eccessivo adattamento). O pensiamo alla logica fuzzy, ai suoi eleganti grigi sfumati, che aborriscono il dualismo bianco e nero, e che fanno credere che il computer possa rispondere forse, o ma, e non solo sì o no.
I progressi della robotica sono spaventosi, ma rimane sempre quell'unica domanda : " Può il computer  inventare qualcosa di imprevisto, di non programmato ? ". La risposta (per me) è no, al computer possono essere inserite delle variabili random, e può seguire una sorta di adattamento alla realtà, ma è come mettere un granello di sabbia negli ingranaggi per vedere cosa succederà. Il computer o il robot potrà simulare una selezione biologica, ma non ragionerà mai, non arriverà ad una autocoscienza.
O sono anch'io il giocattolo di Dio ? ...

L'onda


Non sono quelle onde gigantesche, coi surfer che fanno miracoli ; questa è un'onda piccola, comune, è la parte finale, un attimo prima che si trasformi in quel tappeto di schiuma che ci accarezza i piedi, nell'eterno gioco della risacca.
Quanta bellezza può nascondersi nelle cose apparentemente banali, come il mondo osservato al microscopio da un ricercatore, o le geometrie frattali di un fiocco di neve.
Nell'universo, l'astrofisica e la fisica subatomica coincidono... passato e futuro si toccano nell'attimo, basta saperli guardare con occhi diversi, come quest'onda.

Ricomincio da capo



Ieri sera l'ho rivisto, non proprio dall'inizio, ma più o meno da dove parte questo video. Non lo ricordavo, ma quando Phil, il protagonista, ha messo un piede nella pozzanghera, è scattata la molla.
L'eterno ritorno di Nietzsche reso magnificamente in un film davvero interessante, per gli spunti di riflessione che offre.
All'inizio sembra un giallo di Hitchcock ; lo spettatore, prima divertito dall'originale trovata, a mano a mano si immedesima nel protagonista, ed inizia a pensare a cosa farebbe in una simile situazione.
L'immortalità, certo, ma costretti a vivere sempre la stessa ed unica giornata, infinite volte.
Un identico presente, senza un passato e senza un domani, l'eternità racchiusa in sole ventiquattr'ore, la tela del ragno del tempo a cui non si può sfuggire. Un oggi immerso in una luce abbagliante, senza la confortevole ombra del domani, del dubbio.
Variazioni, anche notevoli, sono consentite, ma mai sostanziali :  il risultato finale non può essere mutato. Il vecchio accattone muore sempre, quel giorno, e la splendida Rita, per quanto corteggiata in mille modi, non cederà al protagonista.
Il senso di onnipotenza, la sensazione di poter fare qualsiasi cosa, dato che si ha infinito tempo a disposizione, come imparare a suonare il piano, a poco a poco cede il passo alla disperazione più nera e agli innumerevoli, quanto vani, tentativi di suicidio.
Solo la " redenzione " , tramite il disinteressato aiuto al prossimo , permette il miracolo.
Quella sveglia che segna le 6:00 diventa l'icona del film, e quando nella scena finale si vede il braccio della ragazza che va a spegnerla, lo spettatore tira un respiro di sollievo, anche se per qualche minuto rimane titubante. Sembra impossibile, ma siamo nel domani, nell'oggi, finalmente è il tre febbraio, ed il Giorno della Marmotta è alle spalle.
Siamo usciti dal tunnel dell'immortalità, e la vita riprende il suo corso, Phil potrà finalmente invecchiare accanto alla sua Rita, potrà vivere !

Lunghezza d'onda


Non è che non ci capiamo ... è che siamo su una diversa lunghezza d'onda ...

Un senso



Lo splendore delle immagini cede il posto ad un senso di smarrimento : tutto questo... per cosa ? Così solo... sebbene sia immenso... deve esserci una spiegazione, uno scopo... deve !
Ma cercando di scorgere un'intenzione, una mente creativa, " il cor si spaura " : infinite galassie, stelle, pianeti di roccia, gelati, o leggeri come gas, corpi roventi, buchi neri dove energia e materia diventano un tutt'uno, ed il tempo si azzera. E un vuoto sconfinato, ad un soffio dallo zero assoluto, a meno 273°...
Difficile scorgere Dio dietro a tutto questo spreco senza vita, ma ancora più difficile non invocarlo, per dargli un senso...

Rosso e Nero

"Questa volta, come a farlo apposta, accadde un fatto che, del resto, si ripete abbastanza spesso nel gioco. Succede, per esempio, che la fortuna si attacchi al rosso e non lo lasci più per dieci o anche quindici volte di seguito. Avevo sentito dire due giorni prima, che il rosso, la settimana scorsa, era uscito ventidue volte consecutive; nemmeno alla roulette si ricordava un caso del genere, e se ne parlava con stupore. Tutti, si capisce, in questo caso abbandonano il rosso e, dopo la decima volta, per esempio, quasi nessuno osa più puntare su di esso. Ma neppure sul nero, opposto al rosso, punta più un bravo giocatore, perché il giocatore esperto sa che cosa significhi questo 'capriccio del caso'. Sembrerebbe, per esempio, che dopo la sedicesima volta che è uscito il rosso, il diciassettesimo colpo dovrebbe infallibilmente cadere sul nero. E sul nero si gettano, infatti, in folla, i novellini che raddoppiano, triplicano le puntate e... perdono in maniera spaventosa ! "

Una magistrale pagina da " Il Giocatore " di Dostoevskij, che illustra perfettamente la teoria delle probabilità, ed il fatto che la maggioranza dei "pivelli" si getti a capofitto sul colore che non esce per numerose volte di seguito. Come al lotto quelli che puntano sui numeri ritardatari.
La pallina non risente delle puntate precedenti... se dopo dieci rossi consecutivi, il gioco si fermasse improvvisamente, ed il Casinò chiudesse per un anno, alla riapertura, pensate che a quel tavolo sia più probabile che venga il nero ?
Non credo, e perchè ? Perchè le puntate precedenti non influenzano quelle successive (se la roulette è ben bilanciata, oliata etc.), e allora all'undicesimo lancio giocate come se fossero venuti cinque rossi e cinque neri, disordinatamente.
Lo so che è controintuitivo, ed è forte la tentazione, ma anche il sole non ruota attorno alla terra... oddio... a me è capitato a Venezia, e dopo otto rossi mi sono precipitato, come tanti, sul nero... è venuto rosso :)

Elogio della Follia


Si legge in un attimo. Bello, profondo, sferzante, scritto nel 1509 ! Lo consiglio vivamente, ma per i pigri esiste anche il testo completo on-line: QUI l'introduzione, e QUI il testo intero.
Leggetelo e vi ritroverete dipinti con rapide e precise pennellate... almeno lo spero per voi :)

Lite

Litigare con la figlia, e chiedersi dove e quando è stata imboccata la strada sbagliata. Sentirsi vuoto, e più inutile del solito.
Progettare di andare a vivere nella casa di montagna, lasciando moglie e figlia, felici , a parlare del più e del meno, sapendo che non se ne ha il coraggio.
La lista delle cose utili : computer... quello grande ? Ma non ho internet su in montagna. Il portatile di mia figlia con la chiavetta ? Forse me lo darebbe purchè sparissi.
Farmaci... la mia dottoressa è qui... le mando la richiesta via fax, mia moglie va dalla segretaria e ritira la ricetta. Non ho mai visto in faccia la mia dottoressa. Mi faccio spedire da mia moglie, periodicamente, delle ricette ? Ma il fax ce l'ho se uso il computer da tavolo collegato alla stampante all-in-one... ritorniamo al problema dei pc...
Soldi : c'è il bancomat, libretto degli assegni, poi su mi arrivano le cedole, non ci dovrebbero essere problemi.
Fare la valigia : che ci metto dentro ? Sa tutto mia moglie. Già solo col necessaire ed i farmaci ci metto una vita. E poi valigia per quanto tempo, un mese ?
L'auto di mia moglie devo portarla da mia suocera, perchè nessuna delle due arpie (figlia e moglie) è capace di tirarla fuori dal garage, che è in salita e pure in curva. Io andrei con l'auto grande.
Occhiali : vicino, lontano e riserva. Documenti : anche la tessera sanitaria, non si sa mai. Telefonino : in montagna non abbiamo più , idea di mia moglie , neppure il telefono fisso. A parte che so a malapena usarlo, non ho mai comprato una ricarica... si va dal tabacchino ?
Mangiare : mica posso sempre mangiare da mia sorella, mi devo attrezzare. Mangerò freddo, pastasciutta, due uova, spesa al supermercato, magari andrò spesso a mangiare fuori.
Più ci penso e più mi sembra irreale... più mi accorgo di come la mia vita sia incrostata qui, come le cozze sui piloni di un pontile. Una volta stavo per andare via, adesso non ne ho la forza, forse mi cacceranno loro.
Mia figlia si sente soffocare a vivere con noi, io litigo sempre di più con lei... mia moglie non sa che pesci pigliare, e la sua mancanza di presa di posizione, peggiora le cose.
Non ci sono motivi particolari, gravi. Tutto nasce per cose futili, sempre, e si ingigantisce come una valanga che rotola a valle. Dopo non ricordo neanche perchè abbiamo iniziato, e mi sembra sempre di aver torto, anche se so che un po' di ragione ce l'ho.
I giovani sono diversi, loro non dimenticano, loro accumulano fino a che esplodono. Ad ogni lite, è più difficile di prima ricominciare, come se non fosse successo nulla.
Le ho perfino preso il telefonino e l'ho scaraventato per terra, rompendolo. Mi ricordo che da piccola, quando rompeva qualche giocattolo, le riattaccavo tutto col superattack... il telefonino si può ricomprare, ma ogni volta un pezzetto di fiducia scappa via, e non si può più incollare.

Caro amico ti scrivo...



Oggi è morto Lucio Dalla... quanti ricordi. A parte la grandezza, immensa, dell'artista, certe persone si mescolano alla tua giovinezza, e diventano parte di te... e quando se ne vanno, inevitabilmente si portano via un pezzetto della tua anima...

Ancora sul marciapiede...

" Più che in qualsiasi altro settore, quello dell'attività sessuale ci fornisce prove sicure del carattere intenzionale dei nostri atti casuali. Ciò perché, in questo campo, il limite che negli atti può ancora esistere fra intenzionalità e accidentalità è nullo.
Succede spesso per strada che due persone che camminano in senso inverso nel tentativo di evitarsi e di cedersi la strada, perdono qualche secondo a spostarsi di qualche passo a destra o a sinistra, ma entrambi nello stesso senso fino a fermarsi l'uno di fronte all'altro. Si crea una situazione spiacevole ed imbarazzante, in cui generalmente si vede l'effetto di una goffaggine accidentale. Invece è possibile provare che in molti casi questa goffaggine nasconde intenzioni sessuali e riproduce un atteggiamento maleducato e provocatorio dell'età giovanile. " (S.Freud)

Come nel post sottostante, ancora incontri sul marciapiede. Inutile dire che anche questo mi capita spesso ! Non posso che ammirare l'affascinante prosa del grande Freud.
 

Dostoevskij ed il "cedere il passo"

A me capita spesso di rimuginarci su. Certe persone ti incrociano sul marciapiede, venendo in senso contrario, come se tu fossi invisibile, di vetro, come se fossi fatto d'aria. Certe volte cedo il passo, altre irrigidisco la spalla per l'inevitabile urto. Immancabilmente, dopo, si girano e mormorano un " scusi, non l'avevo vista " che mi fa imbestialire ancora di più !
Ma dico io, e cedere a metà la strada ? Io stringo un po' da una parte e tu dall'altra. Ma la mia enorme cultura... quello che resta quando si è dimenticato tutto... per associazioni dal sapore freudiano, mi ha spinto a cercare su Google.
" Memorie dal Sottosuolo " ! Dostoevskij... l'avevo letto. Ecco qui un brano del grande scrittore (il mio preferito) che dipinge sapientemente la scenetta...

Virtuale vs Reale


Tutti noi abbiamo presente i numerosi moniti ed avvisi sui pericoli della conoscenza esclusivamente virtuale di altre persone, che avvenga tramite un social network, oppure un blog, forum e così via.
Indubbiamente esistono fatti di cronaca, anche gravissimi, in cui una ragazza o degli adolescenti, sono stati avvicinati da maniaci sessuali, o comunque da malintenzionati.
Ma tutto questo capita anche quando la conoscenza avviene esclusivamente nella vita reale ! Anche “dal vivo” veniamo quotidianamente ingannati sulle reali intenzioni del prossimo, nonostante l’esistenza di segnali di avvertimento, pervenutici, per esempio, tramite il linguaggio del corpo. E’ vero che dall’intonazione della voce, dallo sguardo, o dalla postura, possiamo capire molte cose che dietro ad uno schermo non percepiamo, ma è anche vero che si può vivere una vita intera accanto ad una persona che poi si rivela uno sconosciuto.
Viceversa, quanto siamo sinceri nella vita reale ? E quanto lo siamo dietro ad un pc ? E qui , secondo me, la conoscenza virtuale segna un punto a suo favore. Dietro ad un pc riusciamo ad essere più veri, a parlare di più cose,  anche se non cambia sostanzialmente il nostro modo di fare: una persona timida lo è anche virtualmente e così un estroverso lo si nota subito.
Provate a giocare a Second Life o giochi simili. Puoi cambiare aspetto, vestiti, nessuno sa che sei tu. Forse all’inizio ciò ti procurerà una certa euforia, come dopo aver bevuto un bicchiere di vino, ma interagendo con altre persone che come te si “mascherano”, a poco a poco il tuo carattere viene fuori, inevitabilmente. Tendi a comportarti come fai nella vita reale, commetti gli stessi errori o hai gli stessi pregi che ti fanno apprezzare dal prossimo.

“Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero.” (Oscar Wilde)
Da un lato quindi tendiamo ad essere sempre noi stessi, con pregi e difetti, e dall’altro, dietro alla maschera costituita dallo schermo, possiamo essere più sinceri. Nella vita reale siamo in un certo senso costretti a mentire, per non esporre troppo il nostro io, ma indossata la maschera virtuale, viene fuori più facilmente la nostra essenza, anche se non viene stravolta o modificata sostanzialmente.
Nella vita virtuale abbiamo la possibilità di conoscere un gran numero di persone, e sta a noi decidere se questa conoscenza debba “sfociare” in una conoscenza reale o meno. Mantenendo la doverosa cautela, credo che alcune di queste conoscenze potrebbero approdare alla vita reale, tenendo bene a mente che la delusione è sempre dietro l’angolo, in questa sorta di appuntamenti “al buio”.
Un pericolo, d’altra parte, è che l’individuo si abitui a frequentare esclusivamente persone virtuali, perdendo il contatto con la realtà e le difficoltà, se vogliamo, dei rapporti interpersonali.  Via internet è tutto “più facile” e si può smarrire il senso delle proporzioni.
Solo col tempo si riesce a sviluppare una sensibilità particolare che ci permette di intuire le vere intenzioni di chi è dall’altra parte dello schermo. Mi riferisco alla punteggiatura, al vocabolario usato, al tipo di link scelti, persino al tipo di emoticon impiegate. Per quanto, e qui si nota il vantaggio della conoscenza reale, i fraintendimenti , anche gravi, siano più frequenti. La parola scritta ha tempi più lenti, rispetto a quella parlata, e quando viene impiegata per risposte rapide, come in una chat, spesso si dimostra inadeguata. Uno sguardo può valere più di mille parole, a maggior ragione se scritte.
D’altra parte esiste la videochat, e qui la differenza fra reale e virtuale si fa ancora più sottile !
In conclusione la conoscenza virtuale amplia, a volte di molto, il nostro raggio d’azione, e se vogliamo, moltiplica le opportunità che la vita ci offre, di conoscere altre persone, a patto di mantenere saldamente i piedi per terra.

Da Van Gogh ad Heidegger


Heidegger, L'essere e l'opera d'arte (da L'origine dell'opera d'arte)

Consideriamo, a titolo di esempio, un mezzo assai comune: un paio di scarpe da contadino. Per descriverle non occorre affatto averne un paio sotto gli occhi. Tutti sanno cosa sono. Ma poiché si tratta di una descrizione immediata, può esser utile facilitare la visione sensibile. A tal fine può bastare una rappresentazione figurativa. Scegliamo, ad esempio, un quadro di Van Gogh, che ha ripetutamente dipinto questo mezzo. Che c'è in esso da vedere? Ognuno sa come son fatte le scarpe. Se non si tratta di calzature di legno o di corda, hanno la suola di cuoio e la tomaia unita alla suola con cuciture e chiodi. Questo mezzo serve da calzatura. Col variare dell'uso — lavoro nei campi o danza — variano la forma e la materia. Queste considerazioni abbastanza banali non fanno che chiarire ciò che già sappiamo. L'esser-mezzo del mezzo consiste nella sua usabilità. Ma che ne è di quest'ultima? Con essa afferriamo anche l'esser-mezzo del mezzo? A tal fine non dovremo considerare il mezzo usato nell'atto del suo impiego? La contadina calza le scarpe nel campo. Solo qui esse sono ciò che sono. Ed esse sono tanto più ciò che sono quanto meno la contadina, lavorando, pensa alle scarpe o le vede o le sente. Essa è in piedi e cammina in esse. Ecco come le scarpe servono realmente. È nel corso di questo uso concreto del mezzo che è effettivamente possibile incontrarne il carattere di mezzo. Fin che noi ci limitiamo a rappresentarci un paio di scarpe in generale o osserviamo in un quadro le scarpe vuotamente presenti nel loro non-impiego, non saremo mai in grado di cogliere ciò che, in verità, è l'esser-mezzo del mezzo. Nel quadro di Van Gogh non potremmo mai stabilire dove si trovino quelle scarpe. Intorno a quel paio di scarpe da contadino non c'è nulla di cui potrebbero far parte, c'è solo uno spazio indeterminato. Grumi di terra dei solchi o dei viottoli non vi sono appiccati, denunciandone almeno l'impiego. Un paio di scarpe da contadino e null'altro. Ma tuttavia...

Il Controaforisma

Mi piaccono molto gli aforismi, sarà che non ho più la pazienza di leggere un poderoso romanzo o un saggio sulla fisica quantistica. C'è poco da fare, bruciando decine di migliaia di neuroni al giorno, alla mia età si inizia a sentire il peso di questa continua emorragia, viene meno l'elasticità mentale, la capacità di concentrazione... cosa stavo dicendo ? (hihihi)
Aforismi e frasi celebri. Ce ne sono di bellissimi, di profondi come un baratro, di taglienti, che ti sferzano come una frusta e scavano nel tuo animo, mettendo a nudo le tue contraddizioni. Ce ne sono di larghi come un'estuario, con acque calme, altri a volo d'uccello, dove appariamo piccoli ed insignificanti.
Saggezze millenarie o colpi di genio racchiusi in una frase breve, da gustare lentamente, come un buon bicchiere di vino.
Ma il diavoletto che è in me, perchè ciascuno di noi ne ha uno, a volte si diverte a rovesciare il tavolo, a mettere in dubbio quello che viene detto, o a ridicolizzare il famoso autore.
Ed ecco il controaforisma, in cui viene contraddetta la tesi di fondo, col grosso rischio di apparire degli emeriti imbecilli, perchè dall'altra parte c'è necessariamente un gigante del pensiero.

Ed eccone alcuni...

"La vita non è che la continua meraviglia di esistere". (R. Tagore)
- SBADABAM ! Porca zozza... quel muro non c'era... -

"La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare ". (A. Schopenhauer)
- Mannaggia... ma dove ho lasciato l'accendino ? -

"Non dimentico mai il fatto che il solo esistere è una gioia " (A. Hepburn)
- Targa posta all'entrata di un centro per la cura dell'Alzheimer -

" Se tra le due condizioni, esistere e non esistere, non fosse preferibile la prima, non vi sarebbe alcun essere". (K. Gibran)
-  Ma grazie al c...o ! -

" Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita " (L. Montalcini)
- Un'ultracentenaria che sputa nel piatto dove mangia -

"La farfalla non dispone di mesi, ma di attimi. E il tempo le basta". (R. tagore)
- Hai provato a chiederglielo ? -

"Finchè c'è vita c'è felicità". (Tolstoj)
- ... era scritto sulla lapide... -

La scommessa di Pascal


FONTE " Pesiamo il guadagno e la perdita, nel caso che scommettiate in favore dell’esistenza di Dio. Valutiamo questi due casi: se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla. Scommettete, dunque, senza esitare, che egli esiste "
"...[] Siccome c’è uguale probabilità di vincita e di perdita, se aveste da guadagnare solamente due vite contro una, vi converrebbe già scommettere. Ma, se ce ne fossero da guadagnare tre, dovreste giocare (poiché vi trovate nella necessità di farlo); e, dacché siete obbligato a giocare, sareste imprudente a non rischiare la vostra vita per guadagnarne tre in un giuoco nel quale c’è eguale probabilità di vincere e di perdere. Ma qui c’è un’eternità di vita e di beatitudine. Stando così le cose, quand’anche ci fosse un’infinità di casi, di cui uno solo in vostro favore, avreste pur sempre ragione di scommettere uno per avere due; e agireste senza criterio, se, essendo obbligato a giocare, rifiutaste di arrischiare una vita contro tre in un giuoco in cui, su un’infinità di probabilità, ce ne fosse per voi una sola, quando ci fosse da guadagnare un’infinità di vita infinitamente beata. Ma qui c’è effettivamente un’infinità di vita infinitamente beata da guadagnare, una probabilità di vincita contro un numero finito di probabilità di perdita., e quel che rischiate è qualcosa di finito. Questo tronca ogni incertezza: dovunque ci sia l’infinito, e non ci sia un’infinità di probabilità di perdere contro quella di vincere, non c’è da esitare: bisogna dar tutto"

Ed ecco come termina il dialogo con il libertino :

“Sta bene. Ma io ho le mani legate, e la mia bocca è muta; sono forzato a scommettere, e non sono libero; non mi si dà requie, e sono fatto in modo da non poter credere. Che volete, dunque, che faccia?”

È vero. Ma riconoscete almeno che la vostra impotenza di credere proviene dalle vostre passioni, dacché la ragione vi ci porta, e tuttavia non potete credere. Adoperatevi, dunque, a convincervi non già con l'aumento delle prove di Dio, bensí mediante la diminuzione delle vostre passioni. Voi volete andare alla fede, e non ne conoscete il cammino; volete guarire dall'incredulità, e ne chiedete il rimedio: imparate da coloro che sono stati legati come voi e che adesso scommettono tutto il loro bene: sono persone che conoscono il cammino che vorreste seguire e che son guarite da un male di cui vorreste guarire. Seguite il metodo con cui hanno cominciato: facendo cioè ogni cosa come se credessero, prendendo l'acqua benedetta, facendo dire messe, ecc. In maniera del tutto naturale, ciò vi farà credere e vi impecorirà.