La casa di campagna dagli alti muri


Vedersi dal di fuori, lo specchio, la propria voce. Tematiche che ho affrontato in questo POST .
Pessoa le riprende con un lampo geniale e le condensa in poche righe. Da notare anche che parla di memoria involontaria, un termine che usava anche Proust ma in senso diverso (vedi QUI e l'etichetta a destra " memoria involontaria "). 


" Per questo, a volte mi perdo in un’immaginazione futile su che tipo di persona sono per gli altri che mi vedono, come è la mia voce, che tipo di figura lascio impressa nella memoria involontaria degli altri, in che modo i miei gesti, le mie parole, la mia vita apparente, si fissano sulla retina dell’interpretazione altrui. Non sono mai riuscito a vedermi dal di fuori. Non c’è specchio che ci rimandi a noi come persone viste dal di fuori, perché non c’è specchio che ci tiri fuori da noi stessi. Sarebbe stata necessaria un’altra anima, un altro punto di vista e un altro modo di pensare. Se fossi un attore di lungo corso di cinema, o registrassi in dischi nitidamente udibili la mia voce chiara, sono certo che sarei ugualmente lungi dal conoscere ciò che io sono dall’altro lato, poiché, lo si voglia o no, qualsiasi cosa si possa registrare di me, io rimango sempre qui dentro, nella casa di campagna dagli alti muri della mia coscienza di me. "

Personalità multipla

Pessoa ed il gioco degli specchi, degli eteronimi, della personalità multipla. Al di là della creazione artistica, si intravede un'incrinatura patologica, schizofrenica, che lo porterà a farsi ricoverare due volte per crisi depressive.
Da " Il libro dell'inquietudine " .

" Ho creato in me varie personalità. Creo costantemente delle personalità. Ogni mio sogno, subito dopo esser apparso come sogno, si incarna in un’altra persona, che a sua volta lo sogna, non io.
Per creare, mi sono distrutto a forza di esteriorizzarmi dentro di me, perché dentro di me esisto solo esteriormente. Sono la scena dove passano vari attori che recitano drammi diversi. "


L'occhio insonne che attraversa l'infinito

Ancora una notte insonne, una delle tante, di Pessoa. Questo stato di sofferenza, gemello notturno della nausea di vivere diurna, permette all'autore di distillare pensieri sottili come piume. Il gocciolare di una stalattite scolpita nella roccia del tempo.

" Dopo che il tramonto degli astri è sbiancato fino a svanire nel cielo mattutino e la brezza si è fatta meno fredda nel giallo appena tinto di arancio della luce sopra le scarse nuvole basse, io che non avevo dormito, alla fine ho potuto sollevare lentamente il corpo esausto di niente dal letto dove avevo pensato l’universo.
Sono andato alla finestra con gli occhi che mi ardevano per non averli chiusi. Sui tetti fitti la luce formava differenze di giallo pallido. Sono rimasto a contemplare il tutto con la grande stupidità dell’insonnia. Nelle sagome elevate delle case alte il giallo era aereo e nullo. In fondo ad occidente, verso cui io ero rivolto, l’orizzonte già era di un bianco verdolino.
So che la giornata per me sarà pesante come il non capire niente. So che tutto quello che farò oggi parteciperà, non della spossatezza per non aver preso sonno, ma dell’insonnia che ho avuto. So che vivrò un sonnambulismo più accentuato, più epidermico, non solo perché non ho dormito, ma perché non ho potuto dormire.
Ci sono giorni che sono filosofie, che ci insinuano interpretazioni della vita, come note a margine, dense di acuta critica, nel libro del nostro destino universale. Sento che questo è uno di quei giorni. Per assurdo, mi sembra che sia proprio con i miei occhi pesanti e il mio cervello annullato che, con un’assurda matita, vengono scritte le lettere del commento inutile e profondo. "

Il vento in una conchiglia notturna

Avete mai sentito nel sonno, o nel dormiveglia, un rumore fortissimo, come un tuono, od uno scoppio improvviso, e vi siete svegliati di soprassalto, per constatare con meraviglia che si era trattato di un rumore banale ? Forse lo scricchiolio di un mobile, o un indumento che era caduto dalla sedia, o una imposta che sbatteva, piano.
Il sonno, anzi il sogno, a volte amplifica a dismisura certe sensazioni; altre volte invece le attenua, come quando si sogna di avere sete o di andare al bagno. In questi ultimi casi, il sogno ha la funzione di proteggere il più a lungo possibile il sonno, intuizione da cui è partita la geniale analisi di Freud.
In queste magistrali righe Pessoa, con la sua arte sublime, dipinge questi momenti magici, sospesi tra sogno e realtà.

" All’inizio è un rumore che produce un altro rumore nella notturna cavità delle cose. Poi è un ululato vago, accompagnato dal cigolante oscillare delle insegne della via. Poi, ancora, all’improvviso arriva in tono alto la voce ruggente dello spazio ed è tutto un tremore, e non oscilla, e si fa il silenzio nella paura di tutto come una paura sorda che vede un’altra paura dopo che è passata.
Poi non c’è più niente, solo il vento, solo il vento, e mi accorgo nel sonno che le imposte fissate vibrano e dalle finestre esce il rumore di vetro che resiste.
Non dormo. Intrasono. Ho tracce nella coscienza. In me il sonno pesa senza che la coscienza pesi… Non sono. Il vento… Mi sveglio e mi riaddormento e non ho ancora dormito. C’è un paesaggio dal rumore alto e torvo oltre al quale non mi riconosco. Assaporo, prudentemente, la possibilità di dormire. In effetti dormo, ma non so se dormo. In quello che crediamo che sia sonno, c’è sempre un rumore di quando finisce tutto, il vento nell’oscurità e, se ascolto ancora, il rumore dei miei polmoni e del mio cuore. "

La memoria involontaria secondo Pessoa

In due post precedenti ho illustrato il concetto di " memoria involontaria " secondo Proust (cerca a destra tra le etichette : Memoria involontaria). Si tratta della famosa madeleine, da cui parte la Recherche, e della potenza dei ricordi evocati da una sensazione gustativa od olfattiva. La madeleine evoca gusti perduti, in questa pagina Pessoa ritrova profumi antichi. 

" L’olfatto è una vista strana. Evoca paesaggi sentimentali, attraverso il disegno improvviso del subconscio. L’ho sentito molte volte. Passo per una strada. Non vedo niente, o meglio, guardando tutto, vedo come vedono tutti. So che passo per una strada e non so che essa ha dei lati fatti di case diverse e costruite da persone umane. Passo per una strada. Da una panetteria esce un profumo di pane che per quanto è dolce dà la nausea: e la mia infanzia allora compare da un determinato quartiere distante, e un’altra panetteria mi appare da quel regno di fate che è tutto quello che ci è morto. Passo per una strada. Profuma improvvisamente di frutta disposta sul ripiano inclinato dell’angusta bottega; e la mia breve vita di campagna, non so più quando e dove, ha alberi alla fine e tranquillità nel mio cuore, indiscutibilmente bambino. Passo per una strada. Mi frastorna, senza che me lo aspetti, l’odore di cassette del falegname: oh, mio Cesário! Mi appari e io sono finalmente felice, perché sono tornato, con il ricordo, all’unica verità, che è la letteratura. "

Nube a mensola

Ieri sera, verso le 19.30 è iniziato il finimondo. Venti fortissimi ed una pioggia che non era pioggia, era una cascata, le cateratte bibliche, un mare che precipitava. Oggi leggo che sono caduti 50 mm di pioggia in un'ora (!) ed i venti arrivavano a 108 km/h.
Non credo di aver mai visto una cosa del genere: un tremore intenso di sottofondo, come un tuono prolungato, un urlo lontano, provocato dalla caduta dell'acqua. Mi sono precipitato a chiudere gli scuri ed in quei pochi secondi mi sono praticamente lavato.
In silenzio abbiamo atteso, la paura di sentire uno schianto, un albero abbattuto, un fulmine che colpisse la casa. Sono andato a controllare di sotto: se la pompa dell'acqua non avesse funzionato a dovere, si sarebbe allagato tutto. Un'ora di vigile attesa, come ritornare alla preistoria ed aspettare, dentro la caverna, che gli dei della pioggia si fossero calmati.

Danni ingentissimi ovviamente, ed una foto che documenta l'eccezionale fenomeno meteorologico (nube a mensola), scattata nella campagne attorno a Padova.
(Dalla rete) - La nube a mensola o shelf cloud ha un’altezza dal suolo molto bassa, è lunga ed a volte arcuata per via della spinta originata dal downdraft (correnti discendenti del temporale). La schelf cloud è attaccata alla base del temporale e la si trova spesso nelle supercelle. Infatti può essere chiamata anche con il termine "disco supercellulare" se essa si forma alla base di una supercella. Si presenta sulla parte avanzante (quindi sarà la prima parte che vedremo) di un temporale sufficientemente intenso. La shelf cloud precede di pochissimo i rovesci di pioggia e grandine. Eventuali strie orizzontali (evidentissime nella foto), sono indice di particolare violenza del fenomeno.



L'asociale

Asocialità, isolamento, un muro di gomma che isola dal contatto con l'esterno.

L’isolamento mi ha conformato a sua immagine e somiglianza. La presenza di un’altra persona – di un’unica persona – mi fa immediatamente rallentare il pensiero; così, se nell’uomo normale il contatto con l’altro è una sollecitazione all’espressione e alla parola, in me tale contatto è un contro-stimolo, concesso che tale parola composta sia possibile dal punto di vista linguistico. Sono capace, da solo con me stesso, di inventare quanti motti di spirito, risposte pronte a cose mai dette, folgorazioni di una socialità intelligente con alcuna persona; ma tutto questo svanisce se mi trovo di fronte ad un altro in carne ed ossa, perdo l’intelligenza, rinuncio alla possibilità di esprimermi e, dopo qualche quarto d’ora, sono solo preso dal sonno. Sì, parlare con le persone mi fa venire voglia di dormire. Solo i miei amici spettrali e immaginati, solo le mie conversazioni che si svolgono in sogno, hanno una vera realtà e un giusto rilievo, e con loro il mio spirito è presente come una immagine allo specchio.
Del resto, mi pesa solo l’idea di essere costretto a stare in contatto con qualcun altro. Un semplice invito a cena con un amico mi provoca un’angoscia difficile da definire. L’idea di un qualsivoglia obbligo sociale – andare ad un funerale, trattare insieme a qualcuno una questione d’ufficio, andare alla stazione ad attendere una persona qualsiasi, conosciuta o sconosciuta – solo l’idea mi sconvolge i pensieri per un’intera giornata, e a volte comincio a preoccuparmi il giorno prima, e dormo male, e il caso nella sua dimensione reale, quando si verifica, è assolutamente insignificante, e non giustifica nulla. Tuttavia, la cosa si ripete e io non imparo mai ad imparare.
«Le mie abitudini sono attinenti alla solitudine e non agli uomini»; non so se sia stato Rousseau o Senancour a dire questo. Ma certo è stato qualche spirito della mia specie – potrei forse dire della mia razza.

L'abito abbandonato

Da " Il libro dell'inquietudine " di Pessoa, la morte ed il sonno.

" Mi sento a volte preso, non so perché, da un preavviso di morte… un malessere indefinito, che non si materializza in dolore e per questo tende a spiritualizzarsi in un fine, cioè, una stanchezza che richiede un sonno così profondo che il dormire non gli basta – certo è che sento come se, sfinito per la malattia, alla fine aprissi privo di forze e di rimpianti le deboli mani sulla coltre rimboccata.
Rifletto, allora, su questa cosa che chiamiamo morte. Non voglio dire il mistero della morte, che non riesco a penetrare, ma la sensazione fisica di cessare di vivere. L’umanità ha paura della morte, ma in modo indefinito; l’uomo normale si batte bene nella prova, l’uomo normale, malato o vecchio, raramente guarda con orrore l’abisso del nulla che egli attribuisce a questo stesso abisso. Tutto ciò è mancanza di immaginazione. Non c’è niente di più errato del ritenere la morte simile al sonno. Perché dovrebbe esserlo se la morte non assomiglia al sonno? L’essenza del sonno è il destarsi da esso, ma dalla morte – suppongo – non ci si desta. E se la morte somiglia al sonno, dovremo avere la nozione che ci si desti da essa. Tuttavia, non è questo ciò che l’uomo normale si figura: si figura per sé la morte come un sonno dal quale non ci si risveglia, il che non vuole dire niente. La morte, l’ho detto, non somiglia al sonno, poiché nel sonno si è vivi e dormienti; non so come si possa ritenere la morte simile a qualche cosa, se non si ha esperienza di essa, o non si ha una cosa cui raffrontarla.
A me, quando vedo un morto, la morte sembra una partenza. Il cadavere mi dà l’impressione di un abito abbandonato. Qualcuno se ne è andato e non ha avuto bisogno di portare con sé quell’unico abito che indossava. "

Il lampo dell'autocoscienza

Ancora Pessoa, da " Il libro dell'inquietudine ". Spero di non annoiarvi, ma devo assolutamente postare queste meraviglie, queste pagine altissime. E' come se fossi io a scriverle: sento un bisogno di esternarle, che qualcun altro le legga, non possono cadere nell'oblio.

" D’improvviso, come se un destino chirurgo mi avesse operato di una vecchia cecità con immediati grandi risultati, sollevo il capo, della mia anonima vita, verso la conoscenza nitida di come esisto. E vedo che tutto ciò che ho fatto, tutto ciò che ho pensato, tutto ciò che sono stato, è una specie di inganno e di follia. Mi meraviglio di non essere riuscito a vederlo. Mi stupisco di quello che sono stato, vedendo che alla fine non sono.

Pessoa, in una notte insonne

Ho riscoperto il piacere della lettura. Dopo i miei anni giovanili, e la sbornia di letture, da Shakespeare a Dostoevskij, da Proust a Kafka, passando per moltissimi altri, ecco che da qualche tempo mi sono rimesso a leggere.
Non è quella febbre d'allora, ma è una cosciente emozione di ritrovare in altri autori me stesso. Sarà che la palude di Twitter mi ha lasciato disgustato, col dubbio di essere rimasto l'unico a sentire, a provare certe cose.
Per fortuna non è così, e dopo Calvino, Borges, Musil, Kafka, Platonov, De Unamuno, Brodskij, Dostoevskij, Cechov (alcuni già estensivamente letti, altri nuove conoscenze), eccomi approdare a Pessoa, che non conoscevo.
Mi lascia senza parole, è la poesia che incontra la filosofia; la psicologia (di cui sono dotati tutti i geni della letteratura), che scava in abissi di verità. Sono solo all'inizio, ma già conquistato per sempre.
Da " Il libro dell'inquietudine" un brano in cui la notte insonne, e quello stato crepuscolare della coscienza, permettono di sfiorare metafisiche certezze. Sono quei momenti, scanditi dal pendolo dell'infinito, in cui, trattenendo il respiro, si percepisce, si tocca, l'assoluto.

Settanta, il numero perfetto


Testardamente, con cocciutaggine, continuo la mia avventura su Twitter. Se c'è una persona che non è adatta ad un social network, quella sono io, ma fino a che non mi stufo (e sento succederà presto), continuo a sbattere la testa contro il vetro, come una mosca.
Come si fa ad accogliere con benevolenza, sulla TL , un  " BUONGIORNO MONDOO !!! " urlato a squarciagola ? Ancora sto cercando di connettere, mi torna su il caffellatte.
Poi ci sono quelle che citano brani di canzoni, sempre degli stessi : Ligabue (che detesto), Vasco Rossi (sono fermo alle bollicine), Jovanotti (il farfugliatore rosso). E quelle che mettono una mezza dozzina di canzoni di fila: già non ascolto quasi mai la musica, e mi dà fastidio sentirla occasionalmente dalle finestre dei vicini.
E l'invasione della TL ? Come su Facebook, ed è l'essenza del social !
Piove di tutto : frasi simpatiche, a volte profonde, citazioni, poesie, ma anche sciocche lamentele, una marea di battute stupide, foto orrende.
Non ce la faccio, devo arginare, devo mettere un freno. E sto seguendo solo una sessantina di utenti, cosa sarebbe con un migliaio ? Mi vengono i brividi. Per fortuna che c'è l'opzione " disabilita il retweet " , che applico sistematicamente, almeno quelli li evito.
Se tutti disabilitassero il retweet, come faccio io, Twitter scomparirebbe, o almeno le tweetstar si ritroverebbero con pochissimi follower. Non a caso sono le tweetstar che esortano ad usare il retweet, ma più che dimostrazione di " generosità " , come dovrebbe essere, questo viene usato per piaggeria: una specie di scambio di favori.
Il mio ideale sarebbe avere una ristretta cerchia di spiriti eletti. Non figure immateriali ed eteree, ma donne spiritose, colte, profonde, misteriose e ovviamente belle. Dovrò setacciarne diecimila per trovarne una decina. Facciamo settanta, va, un numero a caso: come l'harem dei mussulmani quando vanno in paradiso.

Le due serie

Sono andato a visitare la torre con l'orologio astronomico di Padova. Proprio vero che la città la conoscono meglio i turisti di chi, come me, ci vive.
Interessantissimo, segna mese, ore, minuti, fasi lunari, le costellazioni, segno zodiacale e altre cose che non ricordo più. Ci sono centinaia di ruote dentate, rotelle, sfere, puleggie, corde, aste. E' l'orologio astronomico più antico al mondo !
La guida è un orologiaio in pensione, dai capelli bianchi e la voce morbida. Bello ascoltare le sue parole mentre si sente il pesante pendolo oscillare, ed i vari meccanismi lavorare. E' il tempo che passa, lento, inesorabile, quieto.
All'ora esatta suona la campana, battendo i rintocchi corrispondenti alle ore; dopo cinque minuti ripete il procedimento. E' perchè se qualcuno ha perso uno o due colpi (botti), sta più attento a ricontarli (ribotti). Un po’ come all'aeroporto : ripetono i messaggi, perchè quando non te l'aspetti, puoi perderne la prima parte.
E l'orologiaio, sorridendo, ci mette una punta di filosofia: la prima serie è il tempo andato, quello morto. La seconda è il futuro.


Risate su Twitter

Periodicamente aggiungo qualche riflessione su questo grandioso esperimento, che è la mia partecipazione ad un social network così " cazzuto " come Twitter.
Perchè cazzuto ? Perchè per esempio, statistiche alla mano, nei miei ultimi 34 tweet ho collezionato la bellezza di UNA stellina, ed era su una citazione di Leonardo da Vinci !
OK... ho solo 85 follower e di questi meno di 20 sono assiduamente attivi, ma se moltiplichiamo 34 x 20 fa 680. Su 680 " letture " solo una volta quello che scrivevo (anzi l'ha scritto Leonardo) è stato giudicato meritevole di un " preferito ", una stellina appunto. Se non sono cazzuti questi qui... o forse bisognerebbe dire cazzoni ?
E sì che 4 o 5 (donne),  di questi 85 fantomatici follower, sono intelligenti, spiritose, colte. Sono o sembrano ? Devo essere sincero : se non ti piace nessuna, ma proprio nessuna cosa di quello che scrivo, nessunissima... beh... allora " si scema " !
In realtà una non mi segue, e quindi è giustificata, ma le altre ? Possibile che in 34 tweet non sia riuscito a strappare un sorriso ? Cosa che invece mi succede spesso quando faccio dei commenti. Forse non mi leggono ? I miei tweet si perdono nella marea che inonda la loro pagina, visto che seguono centinaia di utenti ?
Queste " tweetstar ", poi, qualche difettuccio ce l'hanno. I loro tweet sono graziosi, ma si vede un certo mestiere: l'abilità, il vezzo, squisitamente femminile, di sapere cosa piace, e come si può apparire affascinanti, rigirandosi attorno al mignolo il pirlotto di turno.
C'è un modo per smascherarle: osservare i retweet. Mentre infatti i tweet sono ben confezionati, calibrati, luccicanti, come colorati cioccolatini su un vassoio d'argento, quando le " signore " si lasciano andare un po' , e retwettano quello che piace a loro, ecco che il gusto si abbassa, e di molto.

Dimmi chi retuitti e ti dirò chi sei...

Pur considerando l'ovvia differenza dettata dal sesso, nelle preferenze, è rarissimo che mi piaccia anche ciò che retuittano; tanto è vero che, tranne per tre utenti, per tutte le altre ho usato la preziosa opzione " disabilita il retweet " .
Il tweet è quello che indossi quando esci, per fare colpo; il retweet è come giri per casa, è la risata che ti è scappata senza volere...
Avete presente come ridono le donne ad una barzelletta ? C'è la risata alta, cristallina, che sfoggia denti bianchissimi fra labbra rosse, magari anche la fossetta in una guancia, o strizza leggermente il naso, e ti senti rimescolare dentro, mentre il cuore ti accelera... e c'è la risata grassa, rumorosa, che prorompe come uno sputo, come quelle che scrivono BUHAHAHHA, e ti si ghiaccia il sangue nelle vene...

Synecdoche, New York

Bellissimo film di Kaufman. Sineddoche, cioè una parte per il tutto, o viceversa. Difficile riassumerlo, commentarlo, interpretarlo. Come un libro di Joyce, Musil, Dostoevskij : troppo densi, pieni di monologhi profondi, di ricerca filosofica, di poesia.
Mentre segui le scene, non puoi far altro che annuire, perchè quello che vedi, e che senti, ti risveglia panorami lontani, memorie assopite, letture giovanili. Ne assapori la profondità, la fine psicologia, l'amara esperienza di vita. Dovrei rivederlo almeno un paio di volte, ma non ho compiti per casa, mi accontento di vibrare, come un diapason.

Ecco, per esempio, il monologo del prete :

Tutto è molto più complicato di quanto pensiate. Voi riuscite a vedere solo un decimo della verità. Ci sono milioni di piccoli lacci legati ad ogni scelta che voi fate che possono distruggere la vostra vita, ogni volta che scegliete. Ma probabilmente per 20 anni voi non lo saprete e magari non riuscirete mai a risalire alla causa. E avete un unico modo per proseguire ed è cercare di capire i motivi del vostro divorzio. E in quel momento qualcuno vi dirà che non esiste il destino, e invece esiste eccome, è ciò che voi create. E anche se il mondo va avanti per millenni voi siete qui giusto per la frazione di una frazione di secondo. Gran parte del vostro tempo la trascorrete da morti, o non ancora nati, e poi mentre siete vivi, aspettate invano, sprecando anni in attesa di una telefonata, di una lettera o di uno sguardo da parte di qualcuno o di qualcosa che sistemi le cose, ma che non arriverà mai, o che sembra che arrivi, ma non ancora. E quindi buttate via il vostro tempo in un vago rammarico o una vana speranza che qualcosa di buono arriverà, qualcosa che vi faccia sentire meno soli, che vi faccia sentire amati. E la verità è che io mi sento così arrabbiato, la verità è che mi sento così fottutamente triste, e la verità è che io mi sono sentito così fottutamente male per tutto quello che ho sbagliato, e per tutto questo tempo io ho fatto finta che tutto invece andasse bene, solo per andare avanti e non so il perché. Forse perché nessuno voleva ascoltare la mia sofferenza, perché ognuno aveva la propria. Fanculo tutti. Amen

O ancora in un'altra occasione, il protagonista :

Io sto morendo e così anche voi. Stiamo tutti andando incontro alla morte, anche se per il momento siamo ancora qui, vivi. Ma ognuno di noi sa che deve morire, anche se nel suo profondo crede di no.

Freud vs Marx 3-0

Lucida disamina di Freud su alcuni aspetti del Marxismo. Freud 1 Marx 0, palla al centro...

I comunisti pensano di aver trovato la via per liberarci dal male. L'uomo è senza alcun dubbio buono, ben disposto verso il suo prossimo, ma l'istituzione della proprietà privata ha corrotto la sua natura. Il possesso dei beni privati dà a certuni il potere esponendoli alla tentazione di maltrattare il vicino; d'altra parte chi è escluso dal possesso necessariamente si ribella in odio al suo oppressore. Se si abolisse la proprietà privata, se tutti i beni fossero messi in comune e tutti potessero prendere parte al loro godimento, malevolenza e ostilità tra gli uomini scomparirebbero. Soddisfatti tutti i bisogni, nessuno avrebbe più ragione di vedere nell'altro un nemico; tutti si addosserebbero volentieri il lavoro necessario. Non è affar mio la critica economica del sistema comunista; non posso sapere se l'abolizione della proprietà privata sia opportuna e proficua. (1) Ma sono in grado di riconoscere che la sua premessa psicologica è un'illusione priva di fondamento. Con l'abolizione della proprietà privata si toglie al desiderio umano di aggressione uno dei suoi strumenti, certamente uno strumento efficace ma, ne sono certo, non il più efficace. Quanto alle differenze di potere e prestigio, che l'aggressività usa a proprio uso e consumo, nulla è stato in esse mutato, nulla cambia dunque nell'essenza dell'aggressività. Essa non è stata creata dalla proprietà, dominava quasi senza restrizione nei tempi primordiali, quando la proprietà era ancora estremamente ridotta, già si palesa nel comportamento dei bambini, quando la proprietà ha appena abbandonato la forma anale originaria, costituisce il sostrato di ogni relazione tenera e amorosa tra esseri umani, con l'unica eccezione, forse, di quella tra la madre e il figlio maschio. Se si sopprime il diritto personale ai beni materiali, il privilegio rimane nelle relazioni sessuali, ora diviene inevitabilmente fonte di grandissima invidia e rabbiosa ostilità tra esseri umani che per altri rispetti sono stati messi sullo stesso piano. Se si abbattesse anche questo elemento e si pervenisse alla completa liberazione della vita sessuale, se si abolisse cioè la famiglia, cellula germinale della società, pur non potendosi prevedere le nuove vie che imboccherebbe l'evoluzione della civiltà, una cosa sarebbe certa: che questo aspetto incancellabile della natura umana la seguirebbe anche colà.[...]
Non fu un puro caso che il sogno germanico del dominio del mondo facesse appello all'antisemitismo come a suo complemento, e non è inconcepibile che il tentativo di stabilire una nuova civiltà comunista in Russia trovi il suo sostegno psicologico nella persecuzione della borghesia. Ci si chiede soltanto con apprensione che cosa si metteranno a fare i Sovietici dopo che avranno sgominato la loro borghesia.

(1) Chi nei suoi giovani anni ha assaggiato l'amarezza della povertà, ha sperimentato l'indifferenza e l'arroganza dei possidenti, dovrebbe essere al riparo dal sospetto di non avere comprensione e benevolenza per gli sforzi intesi a combattere la disuguaglianza di condizione economica fra gli uomini e ciò che da essa deriva. Certo, se questa lotta si vuole richiamare all'astratta esigenza dell'uguaglianza fra tutti gli uomini, conforme a giustizia, un'obiezione ovvia è che la natura, concedendo ai singoli le più diverse doti fisiche e attitudini spirituali, ha istituito ingiustizie contro cui non c'è rimedio.


S. Freud (1929), Il disagio della civiltà , OSF vol.10, Bollati Boringhieri, pp. 600-602 

La lotta con la morte

Dal " Diario intimo " di Miguel de Unamuno alcune impressionanti considerazioni sulla morte.

Quaderno II
Della morte

Tristezza di svegliarmi di notte e trovarmi con una mano addormentata. Mi affretto a muoverla e a toccarla, preoccupato di averla morta e secca e che la morte giunga attraverso di essa.
Terrore della notte in cui mi svegliai di soprassalto con le palpitazioni.
Follia che tempo fa mi veniva in mente, l'immortalità per intensità.
Alcuni vivono in un tempo determinato più di altri; costui vive in quattro anni più di quello in venti, vita più varia e in questo modo si può arrivare a vivere un'eternità in intensità in un tempo limitato, poiché ogni estensione è infinita, in quanto contiene infinite parti.
Sì, però, seguendo la metafora, è infinita nel nulla, contiene infiniti zeri. Vanità di vanità. Non in questo cambiamento e varietà, bensì nell'immobilità della fede e della grazia, sta I'eternità della vita.
E lo svegliarsi di notte e dirsi: Sarò vivo? Sarò morto e la mia esistenza continuerà d'ora in poi nello stare eternamente come ora, qui, in questo modo, così giacente, solo con me stesso e con i miei pensieri, per sempre, sempre,sempre? A che serve in più l'inferno? Se si prende infatti un uomo in un qualunque momento della sua vita, quello che egli crede il più felice, e gli si fa credere che quel momento sarà reso permanente ed eterno, man mano che esso si arresta, vedrà in esso l'inferno.
Gran conforto sarà a volte trattenere il tempo e rendere fisso un momento passeggero del flusso del tempo. Però, se questo conforto si prolungasse per sempre, giungerebbe ad essere il nostro maggiore tormento.

Senza confini

Ancora Musil da " L'uomo senza qualità ", in un monologo di Ulrich alla sorella.
Magistrale incontro tra filosofia e psicologia, tra l' " Io " e l' "oggetto " . Le differenze rilevate tra l'universo del bambino e quello dell'adulto, e tra i meccanismi percettivi sottostanti , permettono un'analisi di eccezionale profondità e chiarezza. 

Se ripenso alla mia più remota infanzia direi che l’interno e l’esterno non erano quasi separati. Quando andavo striscioni verso un oggetto, esso mi veniva incontro volando; e quando succedeva qualcosa d’importante non soltanto noi ma le cose stesse erano in ebollizione. Non dico che allora fossimo più felici che dopo. In fondo non possedevamo ancora noi stessi, anzi non esistevamo ancora, la nostra condizione personale non era chiaramente distinta da quella del mondo. Sembra un’affermazione strana ma pure è vera: i nostri sentimenti, le nostre volizioni e il nostro io non erano ancora interamente dentro di noi; ma, più strano ancora, si potrebbe anche dire che non erano ancora del tutto staccati da noi. Infatti se tu oggi, mentre credi di essere interamente in possesso di te stessa, ti chiedessi per eccezione chi sei, faresti questa scoperta. Tu ti vedrai sempre dall’esterno come un oggetto. Ti renderai conto che in un’occasione diventi triste e in un’altra t’arrabbi, così come il tuo cappotto una volta è bagnato e un’altra volta caldo. Avrai un bell’osservarti, riuscirai tutt’al più a scoprirti, mai però a entrarti dentro. Tu resti al di fuori di te stessa, qualunque cosa tu faccia, meno quei pochi momenti appunto in cui la gente direbbe che sei fuori di te. In compenso noi adulti siamo giunti a poter pensare in ogni occasione “Io sono”, se questo ci diverte. Tu vedi una carrozza e in qualche modo vedi anche come un’ombra: “Io vedo una carrozza”. Tu ami o sei malinconica, e vedi che lo sei. In senso assoluto però non c’è né la carrozza né la tua malinconia né il tuo amore, e compiutamente non ci sei nemmeno tu stessa. Nulla più esiste proprio così com’era una volta, nella fanciullezza. Invece tutto quello che tocchi è relativamente assiderato fino al tuo intimo appena tu giungi a essere una “personalità” e ne avanza soltanto, avviluppata in un’esistenza assolutamente esteriore, una nebbia spettrale di presunzione e di torbido egoismo. Che cosa c’è che non combina? Si ha l’impressione che qualcosa si potrebbe ancora salvare! Non si può poi mica sostenere che un bambino senta in tutt’altro modo che un uomo! Non conosco risposte definitive a tali problemi, chi pensa questo e chi pensa quello. Ma da molto tempo io l’ho risolta così: si è perduto ogni amore per questa specie di Io e per questa specie di mondo.

Galleggiare in un oscuro sfavillio

 Da " L'uomo senza qualità " di Musil.

" […] è come contemplare una vasta superficie di acque specchianti; l’occhio crede di guardare nel buio, tanto è lucente ogni cosa, e sull’altra sponda gli oggetti non sembrano posti sulla terra ma son sospesi nell’aria con una delicata traslucidità che confonde e fa quasi male. In quell’impressione vi è tanto un arricchimento quanto un discapito. Ci si sente uniti con tutto, e a nulla ci si può avvicinare. Tu sei di qua e il mondo è di là, al di sopra dell’Io e al di sopra degli oggetti, ma entrambi quasi dolorosamente nitidi e ciò che separa e unisce le due cose di solito mescolate è un oscuro sfavillio, uno straripare, uno spegnersi, un oscillare su e giù. Voi galleggiate come il pesce nell’acqua o l’uccello nell’aria, ma non v’è sponda, non v’è ramo e null’altro che quel galleggiare ! "


Io l'ho provata, questa sensazione, questo perdersi e sfiorare l'essenza, la realtà. Questa vertigine sfuocata, questo silenzio in cui pare che tutto sia già stato detto, questo annullarsi della coscienza che coglie sonnolenta l'anima del mondo. Questo affievolirsi, ebbro, chè non si può tollerare a lungo il riverbero della verità.

La foto sopra l'ha scattata mia figlia, a Capo Sounion nel 2012. In quel lungo pomeriggio, attendendo il tramonto, ho avuto modo di ri-provare quella sensazione, in un dejà vu familiare, che mi ha fatto sorridere. Ricordo, avrò avuto sedici anni, un pomeriggio a Porto Santo Stefano. Avevamo affittato una casa, quasi una villa, proprio in riva al mare. C'era un lungo viale di terra che portava alla casa, delimitato sulla destra da un muricciolo. A sinistra il mare, e dappertutto grossi pini mediterranei, così grandi che creavano una cupola di verde e d'ombra. Scrissi queste parole :

Seduto su un grosso ramo
guardo l'orizzonte,
schivando
il luccichìo lontano delle onde.

Una pace antica,
domande millenarie si affacciano,
invitanti sirene.

Con un rametto
traccio sulla sabbia
delle righe oscure,

come Pitagora sorrido,
quando l'enigma si scioglie.

Le corde vocali

Indovinate ? Ho appena fatto la doccia, quindi, rifacendomi al post precedente, già sapete cosa vi aspetta.
Dopo un periodo di pausa, sono tornato a frequentare Twitter. I follower sono scesi da circa 100 a 86 e ciò è fisiologico, dopo un periodo in cui non fai tweet. Inoltre molti ti seguono per un breve periodo, e se non ricambi, se non li segui a tua volta, ti abbandonano.
Vado un po' in ordine sparso. Mi ha colpito la difficoltà che si incontra, o meglio, che io incontro, a farmi seguire da certe utenti, soprattutto quelle con molti follower, le cosiddette tweetstar. La definizione precisa è ambigua, non c'è una soglia netta, nel numero di follower, al di sopra della quale uno/a venga considerato una tweetstar. Diciamo sopra i mille, ma bisogna fare delle distinzioni.
Ci sono delle utenti gentili, educate, che ricambiano automaticamente il tuo follow. Te ne accorgi dal fatto che hanno suppergiù lo stesso numero di utenti che seguono e di follower. Sono di solito persone positive e non hanno un ego troppo sviluppato, a differenza delle " vere " tweetstar.
Non so come facciano a seguire migliaia di utenti; mi immagino la loro timeline (TL) come un gorgo infernale di tweet, foto, link a video, che si susseguono a velocità supersonica. Penso che debbano perdere decine, forse centinaia di tweet (TW), a meno che non ricorrano ad uno stratagemma.
Su Twitter è possibile " togliere la voce " ad un utente. Proprio così, con un'operazione che sgradevolmente richiama alla memoria quei cani che abbaiano troppo, e a cui vengono recise le corde vocali, se si clicca su quell'opzione, semplicemente i TW dell'utente non appariranno più sulla TL. E' come se l'utente non esistesse più, o meglio, è ancora uno che stai seguendo, ma è come sospeso nel limbo, parla come dietro ad un vetro, tu non lo senti, cioè non leggi quello che scrive.
Succede anche con Facebook, solo che lì sono più diplomatici, devi trasformare l'amico in semplice " conoscente " perchè non ti dia più fastidio.
Ipocrisia telematica ? Diciamo che i social network (SN) sono, in fondo, simili a noi. Non è tutto bianco o nero, ci sono varie sfumature di grigio (non 50, per carità).
Tu conosci una persona, e questa può essere, o diventare, un tuo grande amico/a ; oppure la conoscenza si limita ad un semplice saluto. Dall'estraneo all'amico ci sono molte gradazioni, ed anche sui SN è così.
Ecco che, se uno ti segue, puoi sentire il bisogno di ricambiare; ma se questi diventa " invadente " e ti riempie la TL di saluti ai suoi amici, o ti sia comunque pesante, anche se non antipatico, può diventare indispensabile " togliergli la voce ", specie se la tua sensibilità, o educazione, ti impedisce di defollowarlo (DF) immediatamente.
Ritornando alle tweetstar " educate " , quelle cioè con molti follower, ma che seguono a loro volta molti utenti, sospetto che dietro il loro sorriso enigmatico, quasi orientale, si celino delle spietate chirurghe otorinolaringoiatre, che necessariamente, per non impazzire, debbano aver reciso centinaia di corde vocali.
E forse ci sono anch'io dentro ! Già ho pochi follower, ma quanti di questi, veramente mi seguono ? La tweetstar che quasi automaticamente ha ricambiato il mio follow ( si dice followback), è poi così gentile come sembra ? Forse lo fa solo perchè io, a mia volta non la DF ! Vuole semplicemente mantenere alto il numero dei suoi follower. Già perchè in questo caleidoscopico mondo telematico, che assomiglia alle strade piovose di Blade Runner, ci sono individui di ogni risma. Ci sono i cacciatori di follow, utenti cioè che ti followano e appena ricambi con un followback, se ne vanno. E appunto per combattere questo fenomeno sono sorte le contromisure elettroniche del caso : basta iscriversi a servizi free e automaticamente viene riportato ogni giorno il numero dei nuovi follower e soprattutto chi invece non ti segue più, in modo da potergli togliere il follow per rappresaglia.
Quindi tweetstar gentili (almeno all'apparenza) che ricambiano il tuo follow e che non si sa come facciano a gestire migliaia di utenti sulla loro TL. Poi ci sono le " vere " tweetstar. Le riconosci subito perchè dotate di un ego smisurato. Semplicemente non ti cagano.
Prima di decidersi a seguirti devi letteralmente fare i salti mortali: decine di stelline (preferiti), come fossero mazzi di rose, devi retwittarle spesso ma senza esagerare, se no si insospettiscono. E devi stare molto attento ai commenti, non devi indisporle, devi essere gentile ma non mellifluo, devi essere spiritoso, elegante, sexy; devi dire cose intelligenti ma non troppo complicate. Io sono parco nelle stelline, non retwitto mai e punto tutto sul commento, ecco perchè ne ho così poche...
Almeno, nella loro spontanea fierezza, un merito ce l'hanno: essendo molto selettive, seguono al massimo un due-trecento utenti, pur avendo anche decine di migliaia di follower. Quei pochi " fortunati " mortali che queste dee scelgono di seguire, sanno o almeno hanno una ragionevole speranza, che i loro tw vengono letti.

Sotto la doccia

C'è chi canta a squarciagola, sotto la doccia, a me invece vengono pensieri profondissimi, di una tale bellezza, logica ed armonia, che faccio fatica a ricomporli, dopo. E' come se facessi dei sogni quasi premonitori, o se ascoltassi un oracolo: la verità, che tanti filosofi cercano, mi si presenta chiara, semplice, a portata di mano, anzi di saponetta.

Forse dovrei abbassare la temperatura dell'acqua, e farla più breve; la vasodilatazione, l'età, la posizione ortostatica, tutto concorre a diminuire l'afflusso di sangue al cervello, e questi sono i risultati...

Pensavo a come cambiamo con l'età, al fatto che è impossibile immergersi due volte nello stesso fiume (ecco spiegato l'effetto doccia); perchè anche noi mutiamo, diventiamo diversi, ci trasformiamo col tempo.
E passando per Platone, unicità e molteplicità, sfiorando l'immobile Parmenide e l'inafferrabile Eraclito, riflettevo sul fatto che pur essendo diversi, rimaneva per forza un nocciolo unico, primigenio, tale per cui io sono io e non un altro.

E di cos'è fatto questo nucleo ? Forse di ricordi ? Il passato è passato, ed almeno in teoria risulta un pochettino difficile modificarlo, a meno di superare la velocità della luce, girando a ritroso in un caleidoscopico universo, come in 2001 Odissea nello spazio,  scatenando però le risate dell'implacabile Albert.

[...] : e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente, e viva, e'l suon di lei...

La famosa madeleine di Proust è poi così vera ? Quelle sensazioni sì, rimangono praticamente indelebili, un imprinting olfattivo/gustativo che ci catapulta improvvisamente nel passato, e che ce ne fa apprezzare lo spessore, l'esistenza, al di là della logica del fatto, della sua razionalità, della sua plausibilità.

Ma... i ricordi di un vecchio sono forse quelli di un giovane ? Provate a chiedere ad un ventenne di parlarvi dei tempi delle elementari. Ammesso che, infastidito, non vi mandi a quel paese, i suoi ricordi saranno una sfilza di fatti, di concatenazioni banali, di piccole  gioie o delusioni. Fate la stessa domanda ad un sessantenne, e gli occhi gli si addolciranno...

Se rileggo un libro che mi è piaciuto, perchè, pur essendo lui, pur riconoscendolo, per altri versi scopro infinite altre sfaccettature, che me lo fanno apparire quasi nuovo, come se lo leggessi per la prima volta ? Non si tratta di Alzheimer... e così... se anche noi mutiamo, ed il fiume che ci scorre attorno ci trasforma, anzi siamo noi che cambiamo prima ancora di lui, cos'altro rimane ?
E' ora di chiudere l'acqua...

La vera via per Kafka

" La vera via passa su una corda, che non è tesa in alto, ma rasoterra. Sembra fatta più per inciampare che per essere percorsa. "

(Aforismi di Zürau - Kafka)


E' il primo di una raccolta di 109 aforismi postumi scritti da Kafka nel villaggio boemo di Zürau. Già in un post precedente ne avevo riportato qualcuno.

La vera via... la via maestra, che noi immaginiamo sempre ampia, luminosa e che ci porta fra squilli di trombe direttamente in paradiso è in realtà una corda, stretta, insicura, e passa rasoterra.
Bisogna scendere nella polvere, indovinarne i caratteri, distinguerla a fatica, nascosta nella vegetazione.
Non ci è amica, è facile inciamparci sopra e ferirsi, cadendo. Solo con pazienza, e a poco a poco, ci è dato di percorrerla.

Il genio si vede già dall'incipit

Ha forse bisogno di presentazione ?
"Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto."

Un comune mortale, come me, avrebbe scritto più o meno così :
"Gregor Samsa una mattina si svegliò, dopo sogni inquieti, trasformato in un enorme insetto."

L'inizio di Kafka è come un pungo nello stomaco : al risveglio si trovò trasformato. Dopo un preambolo fumoso, in cui il protagonista affiora da strani incubi, c'è un solo verbo, netto, affilato come una lama di rasoio : l'impatto con l'orrenda , incredibile eppure evidente realtà.

Un altro esempio, sempre del grande praghese.
"Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., perché, senza che avesse fatto niente di male, una mattina fu arrestato." (Il Processo)

Ed ecco il "mio" inizio.
"Josef K. una mattina fu arrestato, senza che avesse fatto nulla di male : qualcuno doveva averlo calunniato."
Anche qui l'inizio di Kafka crea suspense, aspettativa: la calunnia che ronza come una mosca fastidiosa e alla fine si concretizza bruscamente e violentemente in un arresto. Rovesciando la frase, si perde la tensione, e necessitano i due punti per spiegare le ragioni dell'arresto, spezzando il ritmo.


Oppure l'inizio del Castello 
" Era sera tarda quando K. arrivò. Il paese era sprofondato nella neve. Il colle non si vedeva, nebbia e tenebre lo circondavano, non il più debole chiarore rivelava il grande castello. "
Questo Castello misterioso ed invisibile, eppure così presente e concreto, nel suo solido esserci.


La scimmia e l'albero di cocco

Ebbene sì, seguo il Grande Fratello. Secondo me due categorie di persone ne sono attratte: quelli di bassa estrazione sociale, semi-analfabeti , e le persone di cultura, magari affette da voyerismo subclinico. Lascio a voi indovinare a quale credo di appartenere.
L'aspetto che più mi interessa, è la modalità con cui si instaurano rapporti interpersonali e di gruppo, tipo chi viene riconosciuto dagli altri come leader, le simpatie ed antipatie, le gelosie e così via.
E' certamente uno spaccato di vita reale, sebbene si parli tanto dell'effetto GF: del fatto, cioè, che i concorrenti siano coscienti di essere ripresi ed ascoltati 24 ore su 24.
Anche sui social network, nonostante tu possa indossare una maschera, un nickname generico ed una foto anonima, il tuo carattere e la tua personalità invariabilmente vengono a galla, e non puoi comportarti in maniera completamente differente da quello che sei. Puoi mentire per un certo periodo, se lo vuoi,  ma ad un occhio attento non sfuggono le peculiarità, le impronte digitali della tua anima, del tuo modo di fare e di essere. Analogamente, sebbene i concorrenti possano agire in determinati modi per cercare di ottenere l'approvazione del pubblico, e stiano quindi giocando, non possono " mascherarsi " completamente.
Mi sento un po' come lo scienziato che osserva dei topolini da laboratorio aggirarsi in un labirinto precostituito. Un grande scrittore non fa lo stesso quando, seduto su una panchina, osserva la gente passargli accanto ?
Il quoziente intellettivo e la cultura dei concorrenti, di solito, sono penosi, ma ci sono persone simpaticissime ed altre estremamente antipatiche, come dappertutto. Ogni tanto ci si imbatte in una perla di saggezza come la seguente.
Parlando di amicizia fra uomo e donna, Samba, un ragazzo di colore di 28 anni, che ha fatto anche il vucumprà, espone la sua teoria a Chicca, un'affascinante donna di 30 anni che vive a Milano. Secondo Samba, l'amicizia fra uomo e donna è rarissima, per non dire impossibile, cosa che mi trova perfettamente d'accordo sulla traccia del grande Freud.
Per aumentare l'effetto, e lasciare a Samba l'ultima parola, cito brevemente l'impostazione del padre della psicanalisi : per Freud il sentimento dell'amicizia e dell'amore parentale e fraterno è una derivazione della pulsione sessuale di attaccamento, inibita alla meta od ostacolata dalle barriere del divieto dell'incesto. Ne deriva l'impossibilità di un'amicizia " vera " e disinteressata tra uomo e donna.
Samba invece riporta quello che dev'essere un proverbio, o un motto africano : l'amicizia fra uomo e donna è come una scimmia che sta sotto un albero di cocco... la scimmia, o vuole salire sull'albero, o è già salita ! Niente da aggiungere, e non tiratemi fuori femminismo e buonismi vari, please... :)