Ancora sul marciapiede...

" Più che in qualsiasi altro settore, quello dell'attività sessuale ci fornisce prove sicure del carattere intenzionale dei nostri atti casuali. Ciò perché, in questo campo, il limite che negli atti può ancora esistere fra intenzionalità e accidentalità è nullo.
Succede spesso per strada che due persone che camminano in senso inverso nel tentativo di evitarsi e di cedersi la strada, perdono qualche secondo a spostarsi di qualche passo a destra o a sinistra, ma entrambi nello stesso senso fino a fermarsi l'uno di fronte all'altro. Si crea una situazione spiacevole ed imbarazzante, in cui generalmente si vede l'effetto di una goffaggine accidentale. Invece è possibile provare che in molti casi questa goffaggine nasconde intenzioni sessuali e riproduce un atteggiamento maleducato e provocatorio dell'età giovanile. " (S.Freud)

Come nel post sottostante, ancora incontri sul marciapiede. Inutile dire che anche questo mi capita spesso ! Non posso che ammirare l'affascinante prosa del grande Freud.
 

Dostoevskij ed il "cedere il passo"

A me capita spesso di rimuginarci su. Certe persone ti incrociano sul marciapiede, venendo in senso contrario, come se tu fossi invisibile, di vetro, come se fossi fatto d'aria. Certe volte cedo il passo, altre irrigidisco la spalla per l'inevitabile urto. Immancabilmente, dopo, si girano e mormorano un " scusi, non l'avevo vista " che mi fa imbestialire ancora di più !
Ma dico io, e cedere a metà la strada ? Io stringo un po' da una parte e tu dall'altra. Ma la mia enorme cultura... quello che resta quando si è dimenticato tutto... per associazioni dal sapore freudiano, mi ha spinto a cercare su Google.
" Memorie dal Sottosuolo " ! Dostoevskij... l'avevo letto. Ecco qui un brano del grande scrittore (il mio preferito) che dipinge sapientemente la scenetta...

Virtuale vs Reale


Tutti noi abbiamo presente i numerosi moniti ed avvisi sui pericoli della conoscenza esclusivamente virtuale di altre persone, che avvenga tramite un social network, oppure un blog, forum e così via.
Indubbiamente esistono fatti di cronaca, anche gravissimi, in cui una ragazza o degli adolescenti, sono stati avvicinati da maniaci sessuali, o comunque da malintenzionati.
Ma tutto questo capita anche quando la conoscenza avviene esclusivamente nella vita reale ! Anche “dal vivo” veniamo quotidianamente ingannati sulle reali intenzioni del prossimo, nonostante l’esistenza di segnali di avvertimento, pervenutici, per esempio, tramite il linguaggio del corpo. E’ vero che dall’intonazione della voce, dallo sguardo, o dalla postura, possiamo capire molte cose che dietro ad uno schermo non percepiamo, ma è anche vero che si può vivere una vita intera accanto ad una persona che poi si rivela uno sconosciuto.
Viceversa, quanto siamo sinceri nella vita reale ? E quanto lo siamo dietro ad un pc ? E qui , secondo me, la conoscenza virtuale segna un punto a suo favore. Dietro ad un pc riusciamo ad essere più veri, a parlare di più cose,  anche se non cambia sostanzialmente il nostro modo di fare: una persona timida lo è anche virtualmente e così un estroverso lo si nota subito.
Provate a giocare a Second Life o giochi simili. Puoi cambiare aspetto, vestiti, nessuno sa che sei tu. Forse all’inizio ciò ti procurerà una certa euforia, come dopo aver bevuto un bicchiere di vino, ma interagendo con altre persone che come te si “mascherano”, a poco a poco il tuo carattere viene fuori, inevitabilmente. Tendi a comportarti come fai nella vita reale, commetti gli stessi errori o hai gli stessi pregi che ti fanno apprezzare dal prossimo.

“Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero.” (Oscar Wilde)
Da un lato quindi tendiamo ad essere sempre noi stessi, con pregi e difetti, e dall’altro, dietro alla maschera costituita dallo schermo, possiamo essere più sinceri. Nella vita reale siamo in un certo senso costretti a mentire, per non esporre troppo il nostro io, ma indossata la maschera virtuale, viene fuori più facilmente la nostra essenza, anche se non viene stravolta o modificata sostanzialmente.
Nella vita virtuale abbiamo la possibilità di conoscere un gran numero di persone, e sta a noi decidere se questa conoscenza debba “sfociare” in una conoscenza reale o meno. Mantenendo la doverosa cautela, credo che alcune di queste conoscenze potrebbero approdare alla vita reale, tenendo bene a mente che la delusione è sempre dietro l’angolo, in questa sorta di appuntamenti “al buio”.
Un pericolo, d’altra parte, è che l’individuo si abitui a frequentare esclusivamente persone virtuali, perdendo il contatto con la realtà e le difficoltà, se vogliamo, dei rapporti interpersonali.  Via internet è tutto “più facile” e si può smarrire il senso delle proporzioni.
Solo col tempo si riesce a sviluppare una sensibilità particolare che ci permette di intuire le vere intenzioni di chi è dall’altra parte dello schermo. Mi riferisco alla punteggiatura, al vocabolario usato, al tipo di link scelti, persino al tipo di emoticon impiegate. Per quanto, e qui si nota il vantaggio della conoscenza reale, i fraintendimenti , anche gravi, siano più frequenti. La parola scritta ha tempi più lenti, rispetto a quella parlata, e quando viene impiegata per risposte rapide, come in una chat, spesso si dimostra inadeguata. Uno sguardo può valere più di mille parole, a maggior ragione se scritte.
D’altra parte esiste la videochat, e qui la differenza fra reale e virtuale si fa ancora più sottile !
In conclusione la conoscenza virtuale amplia, a volte di molto, il nostro raggio d’azione, e se vogliamo, moltiplica le opportunità che la vita ci offre, di conoscere altre persone, a patto di mantenere saldamente i piedi per terra.

Da Van Gogh ad Heidegger


Heidegger, L'essere e l'opera d'arte (da L'origine dell'opera d'arte)

Consideriamo, a titolo di esempio, un mezzo assai comune: un paio di scarpe da contadino. Per descriverle non occorre affatto averne un paio sotto gli occhi. Tutti sanno cosa sono. Ma poiché si tratta di una descrizione immediata, può esser utile facilitare la visione sensibile. A tal fine può bastare una rappresentazione figurativa. Scegliamo, ad esempio, un quadro di Van Gogh, che ha ripetutamente dipinto questo mezzo. Che c'è in esso da vedere? Ognuno sa come son fatte le scarpe. Se non si tratta di calzature di legno o di corda, hanno la suola di cuoio e la tomaia unita alla suola con cuciture e chiodi. Questo mezzo serve da calzatura. Col variare dell'uso — lavoro nei campi o danza — variano la forma e la materia. Queste considerazioni abbastanza banali non fanno che chiarire ciò che già sappiamo. L'esser-mezzo del mezzo consiste nella sua usabilità. Ma che ne è di quest'ultima? Con essa afferriamo anche l'esser-mezzo del mezzo? A tal fine non dovremo considerare il mezzo usato nell'atto del suo impiego? La contadina calza le scarpe nel campo. Solo qui esse sono ciò che sono. Ed esse sono tanto più ciò che sono quanto meno la contadina, lavorando, pensa alle scarpe o le vede o le sente. Essa è in piedi e cammina in esse. Ecco come le scarpe servono realmente. È nel corso di questo uso concreto del mezzo che è effettivamente possibile incontrarne il carattere di mezzo. Fin che noi ci limitiamo a rappresentarci un paio di scarpe in generale o osserviamo in un quadro le scarpe vuotamente presenti nel loro non-impiego, non saremo mai in grado di cogliere ciò che, in verità, è l'esser-mezzo del mezzo. Nel quadro di Van Gogh non potremmo mai stabilire dove si trovino quelle scarpe. Intorno a quel paio di scarpe da contadino non c'è nulla di cui potrebbero far parte, c'è solo uno spazio indeterminato. Grumi di terra dei solchi o dei viottoli non vi sono appiccati, denunciandone almeno l'impiego. Un paio di scarpe da contadino e null'altro. Ma tuttavia...

Il Controaforisma

Mi piaccono molto gli aforismi, sarà che non ho più la pazienza di leggere un poderoso romanzo o un saggio sulla fisica quantistica. C'è poco da fare, bruciando decine di migliaia di neuroni al giorno, alla mia età si inizia a sentire il peso di questa continua emorragia, viene meno l'elasticità mentale, la capacità di concentrazione... cosa stavo dicendo ? (hihihi)
Aforismi e frasi celebri. Ce ne sono di bellissimi, di profondi come un baratro, di taglienti, che ti sferzano come una frusta e scavano nel tuo animo, mettendo a nudo le tue contraddizioni. Ce ne sono di larghi come un'estuario, con acque calme, altri a volo d'uccello, dove appariamo piccoli ed insignificanti.
Saggezze millenarie o colpi di genio racchiusi in una frase breve, da gustare lentamente, come un buon bicchiere di vino.
Ma il diavoletto che è in me, perchè ciascuno di noi ne ha uno, a volte si diverte a rovesciare il tavolo, a mettere in dubbio quello che viene detto, o a ridicolizzare il famoso autore.
Ed ecco il controaforisma, in cui viene contraddetta la tesi di fondo, col grosso rischio di apparire degli emeriti imbecilli, perchè dall'altra parte c'è necessariamente un gigante del pensiero.

Ed eccone alcuni...

"La vita non è che la continua meraviglia di esistere". (R. Tagore)
- SBADABAM ! Porca zozza... quel muro non c'era... -

"La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare ". (A. Schopenhauer)
- Mannaggia... ma dove ho lasciato l'accendino ? -

"Non dimentico mai il fatto che il solo esistere è una gioia " (A. Hepburn)
- Targa posta all'entrata di un centro per la cura dell'Alzheimer -

" Se tra le due condizioni, esistere e non esistere, non fosse preferibile la prima, non vi sarebbe alcun essere". (K. Gibran)
-  Ma grazie al c...o ! -

" Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita " (L. Montalcini)
- Un'ultracentenaria che sputa nel piatto dove mangia -

"La farfalla non dispone di mesi, ma di attimi. E il tempo le basta". (R. tagore)
- Hai provato a chiederglielo ? -

"Finchè c'è vita c'è felicità". (Tolstoj)
- ... era scritto sulla lapide... -