Gerusalemme

Arriviamo in Terra Santa. Una miriade di sensazioni, troppa storia, troppa religione, troppo odio coagulato in così poco tempo. Non c'è modo di raccapezzarsi, di concentrare lo spirito e la mente sui luoghi sacri, colmi di millenaria storia.
Le immagini si sovrappongono una all'altra, fagocitate dalla collaudata macchina del turismo di massa. Ci vorrebbero settimane, mesi, per farsi una pallida idea di ciò che questi posti rappresentano per l'umanità, per le tre grandi religioni monoteiste.
Metto qualche foto, cercando di ricordare...

Betlemme, chiesa della Natività. Di Betlemme, però, mi rimane un'impressione sgradevolissima. Appena arrivati scendiamo, ed entriamo tutti in un negozio che vende presepi, grotte, immagini assortite in legno e vari materiali. L'odore del legno è piacevole, e l'aria condizionata, per chi è sceso dal pullman sotto il sole, è un toccasana; ma non così la vista dei palestinesi che si affannano dietro ai banchi.
Sono (quasi) tutti chiaramente musulmani, eppure sfruttano fino all'ultima stilla il business, le imagini sacre di una religione che non gli appartiene e che cercano in tutti i modi di distruggere.
Disgustoso... così come la sporcizia che regna sovrana nelle strade, nei caffè, la stessa che si ritrova al Cairo o a Gerusalemme est, nei quartieri arabi. Un senso di abbandono, di noncuranza, di sciatteria, che contrasta con l'ordine e la pulizia di Gerusalemme ovest. La cura e l'amore per ogni particolare, di questo popolo, gli Ebrei, che ha saputo far rifiorire il deserto.


Il muro certamente... che gli Israeliani si ostinano a chiamare il recinto. E' chiaramente un muro, anche se fatto di pannelli smontabili. E' fornito di torrette, ma dare la colpa agli Israeliani della sua costruzione è come prendersela con chi apre l'ombrello sotto la pioggia.
La sua forzata costruzione (dopo i mille attentati, gli autobus sventrati dalle bombe, i pezzi dei corpi sparpagliati sul selciato, nei caffè, dalla sanguinaria pazzia dei kamikaze ) ha quasi azzerato gli attacchi terroristici, che purtroppo si sono trasformati in attacchi missilistici.
C'è un confine lì... la guida israeliana è scesa prima che entrassimo a Betlemme ed è risalita quando ne siamo usciti. Chi ha il passaporto israeliano non può entrare a Betlemme, la zona è sotto l'autorità palestinese, con buona pace dei cristiani, ormai ridotti al lumicino.
Sul pullam che usciva da Betlemme sono salite due guardie armate israeliane. Occhiali da sole impenetrabili, sorriso a trentadue denti mentre con impercettibili movimenti del capo sondavano i passeggeri percorrendo il corridoio che separava i sedili. Mitra lunghi come bazooka lungo il corpo, tatuaggi, pelle annerita dal sole del Negev. Un sorriso aperto, per metterci a nostro agio... "Buongioooorno", ma era chiaro che qualsiasi falso movimento ci sarebbe costato molto caro...


E poi eccola... inquadrata dal monte degli ulivi. In basso il cimitero ebraico, sulle tombe sassolini.
Ampia, sotto il sole cocente, eppure c'era per fortuna un po' di vento. Non si sudava, lo sguardo attratto, come un magnete dalla cupola d'oro.
Più a sinistra, ci spiega la guida, quella cupola grigia, la moschea di Al-Aqsa. Monte del tempio... nomi che rieccheggiano nella mente, date, eventi diventati improvvisamente concreti, anche se ancora così lontani.
La spianata delle moschee... e al di là, nascosto, c'è il muro del pianto.
Avrei voluto sostare a lungo, io e la guida. Farmi spiegare per filo e per segno ogni particolare di quello che vedevo, di quello che brillava davanti ai miei occhi, ma c'era troppo, troppo da raccontare. E così respiravo quell'aria, e lasciavo scorrere lo sguardo, affascinato come un bambino.


Riprendiamo il pullman e scendiamo, ecco inquadrato il Monte degli Ulivi dalla cui cima prima contemplavamo la città. Il cimitero ebraico ai piedi e sulle pendici monte è ambitissimo, ci sono 150.000 tombe. Nel libro di Zaccaria il Monte degli Ulivi è identificato come il luogo da cui Dio comincerà a far rinascere i morti alla fine dei secoli, per questo essere sepolti là è come andare in Paradiso per primi...


Ed ai piedi del monte c'è il Getsèmani (che significa frantoio in aramaico). Un piccolo uliveto poco fuori la città vecchia di Gerusalemme nel quale Gesù Cristo, secondo i Vangeli, si ritirò dopo l'ultima cena prima di essere tradito da Giuda ed arrestato.

« Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare. » (Matteo 26,36)

Poi siamo stati al Muro del Pianto. Una grande emozione a toccarlo con la mia mano, in silenzio, e a vedere tutti quiei bigliettini infilati nelle crepe.
 
 
Quante preghiere, quante lacrime e speranze. Quasi imbarazzato da tanto dolore e col timore di offendere, in qualche modo quell'umanità sofferente, ho ritratto la mano. Ma la sensazione come di un occhio benevolo che mi osservasse dall'alto...


E poi la Via Dolorosa... percorsa da Lui. Oggi c'è una calca spaventosa, negozietti dappertutto: il mercato arabo, variopinto, chiassoso, pieno di odori contrastanti. Solo quelle spesse lastre di pietra forse l'hanno visto passare, incerto, sofferente.
Le varie stazioni, l'impronta della mano, il panno di Veronica, la Basilica del Santo sepolcro. Girava la testa... ho visto dove è morto, dov'era piantata la croce, ho visto (e toccato) la pietra dell'unzione. A causa della ressa non ho visto il Santo Sepolcro...

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