Freud vs Marx 3-0

Lucida disamina di Freud su alcuni aspetti del Marxismo. Freud 1 Marx 0, palla al centro...

I comunisti pensano di aver trovato la via per liberarci dal male. L'uomo è senza alcun dubbio buono, ben disposto verso il suo prossimo, ma l'istituzione della proprietà privata ha corrotto la sua natura. Il possesso dei beni privati dà a certuni il potere esponendoli alla tentazione di maltrattare il vicino; d'altra parte chi è escluso dal possesso necessariamente si ribella in odio al suo oppressore. Se si abolisse la proprietà privata, se tutti i beni fossero messi in comune e tutti potessero prendere parte al loro godimento, malevolenza e ostilità tra gli uomini scomparirebbero. Soddisfatti tutti i bisogni, nessuno avrebbe più ragione di vedere nell'altro un nemico; tutti si addosserebbero volentieri il lavoro necessario. Non è affar mio la critica economica del sistema comunista; non posso sapere se l'abolizione della proprietà privata sia opportuna e proficua. (1) Ma sono in grado di riconoscere che la sua premessa psicologica è un'illusione priva di fondamento. Con l'abolizione della proprietà privata si toglie al desiderio umano di aggressione uno dei suoi strumenti, certamente uno strumento efficace ma, ne sono certo, non il più efficace. Quanto alle differenze di potere e prestigio, che l'aggressività usa a proprio uso e consumo, nulla è stato in esse mutato, nulla cambia dunque nell'essenza dell'aggressività. Essa non è stata creata dalla proprietà, dominava quasi senza restrizione nei tempi primordiali, quando la proprietà era ancora estremamente ridotta, già si palesa nel comportamento dei bambini, quando la proprietà ha appena abbandonato la forma anale originaria, costituisce il sostrato di ogni relazione tenera e amorosa tra esseri umani, con l'unica eccezione, forse, di quella tra la madre e il figlio maschio. Se si sopprime il diritto personale ai beni materiali, il privilegio rimane nelle relazioni sessuali, ora diviene inevitabilmente fonte di grandissima invidia e rabbiosa ostilità tra esseri umani che per altri rispetti sono stati messi sullo stesso piano. Se si abbattesse anche questo elemento e si pervenisse alla completa liberazione della vita sessuale, se si abolisse cioè la famiglia, cellula germinale della società, pur non potendosi prevedere le nuove vie che imboccherebbe l'evoluzione della civiltà, una cosa sarebbe certa: che questo aspetto incancellabile della natura umana la seguirebbe anche colà.[...]
Non fu un puro caso che il sogno germanico del dominio del mondo facesse appello all'antisemitismo come a suo complemento, e non è inconcepibile che il tentativo di stabilire una nuova civiltà comunista in Russia trovi il suo sostegno psicologico nella persecuzione della borghesia. Ci si chiede soltanto con apprensione che cosa si metteranno a fare i Sovietici dopo che avranno sgominato la loro borghesia.

(1) Chi nei suoi giovani anni ha assaggiato l'amarezza della povertà, ha sperimentato l'indifferenza e l'arroganza dei possidenti, dovrebbe essere al riparo dal sospetto di non avere comprensione e benevolenza per gli sforzi intesi a combattere la disuguaglianza di condizione economica fra gli uomini e ciò che da essa deriva. Certo, se questa lotta si vuole richiamare all'astratta esigenza dell'uguaglianza fra tutti gli uomini, conforme a giustizia, un'obiezione ovvia è che la natura, concedendo ai singoli le più diverse doti fisiche e attitudini spirituali, ha istituito ingiustizie contro cui non c'è rimedio.


S. Freud (1929), Il disagio della civiltà , OSF vol.10, Bollati Boringhieri, pp. 600-602 



 L'altra opposizione va presa assai più seriamente, e in questo caso rimpiango più che mai l'insufficienza della mia informazione . Presumo che su questo argomento ne sappiate più di me e che da tempo abbiate preso posizione pro o contro il marxismo. Le indagini di Karl Marx sulla struttura economica della società e sull'influsso dei diversi modi di produzione in ogni campo della vita umana hanno acquistato nel nostro tempo un'incontestabile autorità. Fino a che punto queste tesi, prese una per una corrispondano al vero o siano errate, non posso naturalmente dirlo, e ho saputo che non riesce facile nemmeno ad altre persone, meglio informate di me. Nell'ambito della teoria marxista mi hanno reso perplesso certe asserzioni, come quella che l'evoluzione delle forme sociali è un processo che rientra nella storia naturale, o che i mutamenti nella stratificazione sociale scaturiscono l'uno dall'altro alla stregua di un processo dialettico. Non sono sicuro di comprendere esattamente queste affermazioni, che non mi sembrano nemmeno "materialistiche" , ma piuttosto un sedimento di quell'oscura filosofia di Hegel alla cui scuola si è formato anche Marx. Non so in che modo liberarmi dalla mia mentalità profana, che è abituata a far risalire la formazione delle classi sociali alle lotte che si svolsero, fin dall'inizio della storia, tra orde umane tra loro lievemente diverse. Le differenze sociali, a mio parere, furono originariamente differenze di stirpe o di razza. Decisero della vittoria fattori psicologici quali il grado di aggressività costituzionale, ma altresì la solidità dell'organizzazione all'interno dell'orda e fattori materiali come il possesso delle armi migliori. Convivendo nello stesso territorio, i vincitori diventarono i padroni, i vinti gli schiavi. Non c'è alcuna legge naturale o metamorfosi concettuale da scoprire. Per contro, è inconfondibile l'influenza che il progressivo dominio delle forze naturali esercita sui rapporti sociali degli uomini, dal momento che essi pongono sempre gli strumenti di potere che via via acquisiscono al servizio della loro aggressività, usandoli gli uni contro gli altri. L'introduzione del metallo, del bronzo e del ferro ha segnato la fine di intere civiltà e delle loro istituzioni sociali. Io credo realmente che sia stata la polvere da sparo, l'arma da fuoco ad abolire la cavalleria e il dominio aristocratico, e che il dispotismo russo fosse già condannato prima che perdesse la guerra, poiché nessun incrocio fra famiglie regnanti in Europa avrebbe potuto generare una stirpe di zar capace di resistere alla forza esplosiva della dinamite. [...]
Quasi mi vergogno di trattare un tema di tale importanza e complessità accompagnandolo con così pochi e insufficienti commenti; so anche di non avervi detto nulla che vi giunga nuovo. Mi preme una cosa sola: farvi rilevare che tra l'uomo e la natura, dal cui dominio egli trae le armi per lottare contro i propri simili, si stabilisce un rapporto che deve necessariamente influire anche sulle istituzioni economiche. Può sembrarvi che ci siamo molto allontanati dai problemi della "visione del mondo", ma vi ritorneremo subito. La forza del marxismo non risiede evidentemente nella sua concezione della storia e nella predizione del futuro che su di essa si basa, bensì nell'aver acutamente dimostrato l'influenza cogente che hanno le condizioni economiche degli uomini sui loro atteggiamenti intellettuali, etici e artistici. E' stata così scoperta una serie di nessi e di implicazioni, prima quasi completamente ignorati. Ma non si può ipotizzare che i motivi economici siano i soli a determinare il comportamento dell'uomo nella società. Già l'indubbio dato di fatto che persone, razze e popoli diversi si comportino differentemente nelle medesime condizioni economiche esclude la possibilità di una preminenza esclusiva dei fattori economici. Quando si tratta delle reazioni di esseri umani viventi, non si comprende come possano essere ignorati i fattori psicologici, poiché non solo tali fattori avevano già avuto parte nell'instaurazione dei rapporti economici stessi, ma anche sotto il loro dominio, gli uomini non possono far altro che esplicare i loro moti pulsionali originari: la loro pulsione di autoconservazione, la loro aggressività, il loro bisogno d'amore, il loro anelito a ottenere piacere e a evitare dispiacere. [...]
Se qualcuno riuscisse a dimostrare nei dettagli il modo in cui questi diversi fattori - la generale predisposizione pulsionale umana, le sue varianti razziali e le sue trasformazioni culturali - si comportano nelle varie condizioni in cui vengono a trovarsi - classe sociale, attività professionale e possibilità di guadagno - inibendosi e promuovendosi a vicenda, se qualcuno potesse fare questo darebbe al marxismo l'integrazione necessaria per farne una vera scienza sociale. Infatti anche la sociologia, che tratta il comportamento dell'uomo nella società, non può essere altro che psicologia applicata. A rigor di termini vi sono solo due scienze: la psicologia, pura e applicata e la scienza naturale. Con la scoperta ricca di implicazioni dell'importanza delle condizioni economiche, affiorò la tentazione di non lasciare i mutamenti di queste ultime all'evoluzione storica, ma di imporle mediante un intervento rivoluzionario. Ora, nella sua attuazione nel bolscevismo russo, il marxismo teorico ha acquistato l'energia, la compiutezza, il carattere esclusivo di una visione del mondo, ma nel contempo anche una inquietante rassomiglianza con ciò che intendeva combattere. Benché originariamente esso stesso faccia parte della scienza, e sia costruito nella sua attuazione, sulla scienza e sulla tecnica, ha tuttavia istituito una proibizione di pensare altrettanto implacabile quanto, a suo tempo, quella della religione. Un esame critico della teoria marxista è vietato, i dubbi sulla sua esattezza vengono puniti così come una volta l'eresia dalla Chiesa Cattolica. Le opere di Marx hanno preso, come fonte di rivelazione, il posto della Bibbia e del Corano, benché non sembrino più esenti da contraddizioni e da oscurità di questi libri sacri più antichi. E benché il marxismo pratico abbia fatto inesorabilmente piazza pulita di tutti i sistemi idealistici e di tutte le illusioni, ha generato a sua volta illusioni, che non sono meno discutibili e gratuite delle precedenti. Esso spera di cambiare, nel corso di poche generazioni, la natura umana in modo tale che nel nuovo ordine sociale la convivenza risulti quasi esente da attriti e che gli uomini si assumano i compiti del lavoro senza esservi costretti. Intanto trasporta altrove le restrizioni pulsionali indispensabili in ogni società e devia verso l'esterno le inclinazioni aggressive che minacciano ogni collettività umana, mentre trova sostegno nell'ostilità dei poveri contro i ricchi e di coloro che finora non hanno contato nulla contro quelli che in passato hanno avuto tutto il potere. Ma una simile trasformazione della natura umana è assai inverosimile. L'entusiasmo con cui le masse seguono attualmente l'incitamento dei bolscevichi, fin tanto che il nuovo ordine è incompiuto e minacciato dall'esterno, non dà alcuna garanzia per un futuro in cui tale ordine fosse compiuto e non più in pericolo. Anche il bolscevismo, in modo del tutto analogo alla religione, deve risarcire i suoi fedeli delle sofferenze e delle privazioni della vita presente con la promessa di un aldilà migliore, nel quale nessun bisogno rimarrà insoddisfatto. Questo paradiso, tuttavia, deve essere nell'aldiqua, deve venir istituito sulla terra e inaugurato entro un lasso di tempo prevedibile. Ma rammentiamoci che anche gli ebrei, la cui religione non conosce una vita nell'aldilà, hanno aspettato l'arrivo del Messia sulla terra, e che il Medioevo cristiano ha creduto varie volte che il regno di Dio fosse imminente. Non vi sono dubbi sulla risposta che il bolscevismo darà a queste obiezioni. Dirà che finché gli uomini non saranno cambiati profondamente nella loro natura, dobbiamo servirci dei mezzi che oggi possono influenzarli; nell'educarli, è impossibile fare a meno della costrizione, della proibizione di pensare, dell'impiego della violenza fino allo spargimento di sangue; e se non destassimo in loro quelle illusioni non li indurremmo nemmeno a piegarsi a questa costrizione. E potrebbe chiederci, gentilmente, che gli si dica pure come si potrebbe fare altrimenti. In tal modo saremmo messi con le spalle al muro. Io non saprei dare alcun consiglio. Confesserei che le condizioni di questo esperimento avrebbero scoraggiato me e la gente come me dall'intraprenderlo; ma non siamo gli unici ad aver voce in capitolo. Vi sono anche uomini d'azione, irremovibili nelle loro convinzioni, inaccessibili al dubbio, insensibili alle sofferenze altrui qualora si frappongano alle loro intenzioni. Dobbiamo a tali uomini se il grandioso esperimento di un ordine nuovo è attualmente in corso in Russia. In un'epoca in cui grandi nazioni annunciano di aspettarsi la salvezza dal mantenimento della devozione cristiana, la rivoluzione russa - malgrado un buon numero di particolari sgradevoli - appare dopo tutto un messaggio per un futuro migliore. Purtroppo né dal nostro dubbio né dalla fede fanatica degli altri scaturisce un'indicazione su quello che sarà l'esito di questo esperimento. Il futuro lo insegnerà; forse mostrerà che l'esperimento fu intrapreso prematuramente, che un cambiamento radicale dell'ordine sociale ha scarse prospettive di successo fintantoché nuove scoperte non avranno accresciuto il nostro dominio sulle forze naturali e quindi facilitato il soddisfacimento dei nostri bisogni. Solo allora, forse, diventerà possibile che un nuovo ordine sociale non solo scongiuri il bisogno materiale delle masse, ma esaudisca anche le esigenze culturali dell'individuo. Invero, anche allora avremo da lottare per un periodo lunghissimo di tempo con le difficoltà che l'indomabile natura umana procura ad ogni genere di comunità sociale.

S. Freud (1932), "Una 'visione del mondo'", in Introduzione alla psicoanalisi (Nuova serie di lezioni), OSF vol.11, Bollati Boringhieri, pp. 279-284
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 Per gli scopi immediati che ci siamo proposti, da quanto precede ricaviamo la conclusione che non c'è speranza di poter sopprimere le inclinazioni aggressive degli uomini. Si dice che in contrade felici della terra, dove la natura offre a profusione tutto ciò di cui l'uomo ha bisogno, ci siano popoli la cui vita scorre nella mitezza, presso i quali la coercizione e l'aggressione sono sconosciute. Ci credo poco; mi piacerebbe saperne di più, su queste felici creature. Anche i bolscevichi sperano di riuscire a sopprimere l'aggressività umana garantendo il soddisfacimento dei bisogni materiali e stabilendo l'uguaglianza sotto tutti gli altri aspetti tra i membri della loro comunità. Io ritengo questa un'illusione. Intanto, si sono armati con il massimo scrupolo, e per tenere uniti i loro adepti ricorrono non da ultimo all'odio contro tutti gli stranieri. D'altronde non si tratta, come Lei stesso osserva, di abolire completamente l'aggressività umana; si può cercare di deviarla al punto che non debba trovare espressione nella guerra.

S. Freud (1932), Perché la guerra? (Carteggio con Einstein) , OSF vol. 11, Bollati Boringhieri, p.300

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