I comunisti pensano di aver trovato la via per liberarci dal male. L'uomo è senza alcun dubbio buono, ben disposto verso il suo prossimo, ma l'istituzione della proprietà privata ha corrotto la sua natura. Il possesso dei beni privati dà a certuni il potere esponendoli alla tentazione di maltrattare il vicino; d'altra parte chi è escluso dal possesso necessariamente si ribella in odio al suo oppressore. Se si abolisse la proprietà privata, se tutti i beni fossero messi in comune e tutti potessero prendere parte al loro godimento, malevolenza e ostilità tra gli uomini scomparirebbero. Soddisfatti tutti i bisogni, nessuno avrebbe più ragione di vedere nell'altro un nemico; tutti si addosserebbero volentieri il lavoro necessario. Non è affar mio la critica economica del sistema comunista; non posso sapere se l'abolizione della proprietà privata sia opportuna e proficua. (1) Ma sono in grado di riconoscere che la sua premessa psicologica è un'illusione priva di fondamento. Con l'abolizione della proprietà privata si toglie al desiderio umano di aggressione uno dei suoi strumenti, certamente uno strumento efficace ma, ne sono certo, non il più efficace. Quanto alle differenze di potere e prestigio, che l'aggressività usa a proprio uso e consumo, nulla è stato in esse mutato, nulla cambia dunque nell'essenza dell'aggressività. Essa non è stata creata dalla proprietà, dominava quasi senza restrizione nei tempi primordiali, quando la proprietà era ancora estremamente ridotta, già si palesa nel comportamento dei bambini, quando la proprietà ha appena abbandonato la forma anale originaria, costituisce il sostrato di ogni relazione tenera e amorosa tra esseri umani, con l'unica eccezione, forse, di quella tra la madre e il figlio maschio. Se si sopprime il diritto personale ai beni materiali, il privilegio rimane nelle relazioni sessuali, ora diviene inevitabilmente fonte di grandissima invidia e rabbiosa ostilità tra esseri umani che per altri rispetti sono stati messi sullo stesso piano. Se si abbattesse anche questo elemento e si pervenisse alla completa liberazione della vita sessuale, se si abolisse cioè la famiglia, cellula germinale della società, pur non potendosi prevedere le nuove vie che imboccherebbe l'evoluzione della civiltà, una cosa sarebbe certa: che questo aspetto incancellabile della natura umana la seguirebbe anche colà.[...]
Non fu un puro caso che il sogno germanico del dominio del mondo facesse appello all'antisemitismo come a suo complemento, e non è inconcepibile che il tentativo di stabilire una nuova civiltà comunista in Russia trovi il suo sostegno psicologico nella persecuzione della borghesia. Ci si chiede soltanto con apprensione che cosa si metteranno a fare i Sovietici dopo che avranno sgominato la loro borghesia.
(1) Chi nei suoi giovani anni ha assaggiato l'amarezza della povertà, ha sperimentato l'indifferenza e l'arroganza dei possidenti, dovrebbe essere al riparo dal sospetto di non avere comprensione e benevolenza per gli sforzi intesi a combattere la disuguaglianza di condizione economica fra gli uomini e ciò che da essa deriva. Certo, se questa lotta si vuole richiamare all'astratta esigenza dell'uguaglianza fra tutti gli uomini, conforme a giustizia, un'obiezione ovvia è che la natura, concedendo ai singoli le più diverse doti fisiche e attitudini spirituali, ha istituito ingiustizie contro cui non c'è rimedio.
S. Freud (1929), Il disagio della civiltà , OSF vol.10, Bollati Boringhieri, pp. 600-602
S. Freud (1929), Il disagio della civiltà , OSF vol.10, Bollati Boringhieri, pp. 600-602