Dalle Alpi alle piramidi

Sono andato a vedere Brignano a teatro. Bravissimo, anche se tra televisione, Zelig e Youtube, ormai conosco a memoria quasi tutto il suo repertorio. Alla fine, è stato chiesto a gran voce dal pubblico, come bis, il pezzo sui dialetti.


Ormai un classico, anche se ha illustri precedenti con Dario Fo, che faceva una carrellata di lingue, più che di dialetti, e con Proietti. In tutti questi pezzi, che chiamare gag è estremamente riduttivo, con un colpo di genio viene colta l'essenza fonetica di un dialetto o di una lingua, alla quale corrisponde l'impronta caratteriale di un popolo.
Le parole non sono e non devono essere comprensibili, le frasi non hanno alcun significato, eppure il messaggio è straordinariamente chiaro.
Contribuisce certamente la mimica, il linguaggio del corpo, il tono, ma quello che viene evidenziato con incredibile sintesi, è il ritmo cadenzato, il variare in ampiezza delle vocali, le consonanti più o meno strascicate, tutto quello, insomma, che fa riconoscere immediatamente la provenienza di chi ci sta di fronte.
Perfino chi non conosce quel particolare dialetto, capisce cosa l'attore voglia dire, anche se in realtà non dice nulla...
Si ritorna un po' bambini, quando il suono inizia a poco a poco a prendere forma, a diventare oggetto.
E come dei bambini abbiamo chiesto a gran voce proprio questo pezzo sui dialetti, sebbene la gran parte di noi, ne sono sicuro, l'avesse già sentito più volte. E' come da piccoli, che chiedevamo alla mamma, o al papà, di raccontarci una storia per addormentarci, e sceglievamo sempre quella, la nostra preferita.
Perchè proprio il pezzo sui dialetti ? E perchè riscuote tanto successo sia al Nord che al Centro che al Sud ?
Perchè, e non è vuota retorica, siamo tutti Italiani, e amiamo questo nostro paese, fatto di mille diversità. Ognuno conosce i difetti dell'altro, ma come fra amici di vecchia data, ci si scherza sopra senza paura di essere fraintesi, senza timore di ferire.
Poi lo spettacolo finisce, gli applausi scroscianti si fanno a poco a poco più radi, ci si alza in piedi, infilando il giaccone. Il momento magico è ormai passato, ci siamo già richiusi in noi stessi. Il vicino, che prima rideva a squarciagola, ci guarda un po' imbarazzato.
Una folla di guelfi e ghibellini lascia mestamente, in fila silenziosa, il teatro.

E ad un tratto il ricordo m'è apparso

Una delle pagine più alte della letteratura mondiale.
Marcel Proust, " Alla ricerca del tempo perduto " . Combray.
Sembra quasi di assistere in prima persona ad una scoperta scientifica, di osservare da vicino il colloquio fra Freud ed una sua paziente, di guardare attraverso il microscopio di Sabin, di essere sul bordo della torre di Pisa, mentre Galileo lascia cadere un sasso.
Le profondità dell'animo vengono sondate da una luce purissima, netta, affilata. Strati di coscienza sempre più antichi vengono dipanati come gomitoli incantati.
Il corsivo, nella frase che ho ripreso come titolo del post, è mio.